Per dirla con le parole di Albert Einstein, insegnare significa creare le condizioni in cui i ragazzi possano imparare. E quando si tratta di storia a volte i libri non bastano. Così, almeno, la pensa Marcello Bozzi, professore di Informatica all’Istituto tecnico Ettore Majorana di Grugliasco, in provincia di Torino. Che per spiegare ai suoi studenti, e poi agli studenti di tutta Italia, il dramma vissuto dai profughi che fuggono dalla guerra in cerca di un futuro in Europa, ha scelto di inventarsi un videogioco. L’ha chiamato Il Viaggio, e a svilupparlo è stato un suo allievo, il diciottenne Riccardo Squaiella.

“Qualche tempo fa – racconta Bozzi – la scuola ha organizzato un ciclo di incontri per affrontare il tema dei migranti e ciascun professore ha offerto il proprio contributo partendo dalla disciplina che insegna. Quando è toccato a me ho pensato: ‘in che modo posso raccontare ai ragazzi una realtà così drammatica, quando ormai al dramma sono tutti abituati, al punto che non fa più alcun effetto?’”. Secondo Bozzi tra televisioni, giornali, e notizie su internet, le nuove generazioni (e non solo) vivono una sorta di desensibilizzazione nei confronti della realtà. “Ed è difficile per loro – prosegue – immedesimarsi e comprendere la sofferenza vissuta da altri. Così mi è venuta l’idea di un videogame, per permettere agli studenti di calarsi nei panni di una famiglia di profughi e capire, almeno in parte, le difficoltà che deve affrontare per trovare la salvezza. Mi piacerebbe che diventasse uno strumento didattico non solo all’Istituto Majorana, ma anche in altre scuole d’Italia”.

Il Viaggio, in realtà, non è un videogioco classico. E’ un gioco di ruolo online, dove a squadre di cinque i ragazzi competono tra loro per portare la propria famiglia a destinazione attraverso un cammino lungo 4 tappe, Siria, Turchia, Grecia e Italia. “Ho scelto come modello una famiglia siriana – spiega Bozzi – perché la Siria è una delle aree più problematiche di oggi, ma lo stesso gioco si adatterebbe bene ad altri paesi dove c’è la guerra e i civili sono costretti alla fuga”. Giocare è semplice, ma avere successo molto meno. I ragazzi, infatti, una volta formate le squadre, che interpretano il padre siriano, la madre e i tre figli, si registrano online per accedere alla schermata di gioco, cioè all’inventario di viaggio. “Per affrontare ciascuna tappa del viaggio bisogna calibrare bene il proprio bagaglio – racconta Bozzi – ma lo spazio è limitato e, lasciata la città natale, anche il denaro lo è, come i beni da acquistare o barattare”.

Inserire del cibo nell’inventario diventa perciò fondamentale, ma ha un costo economico e un peso specifico. E senza oggetti personali, dotati di valore affettivo, come una vecchia foto di famiglia o un orsetto di peluche da tenere stretto mentre si attraversa il Mar Egeo, il morale della famiglia da salvare crolla. Tuttavia anche i ricordi hanno un peso e occupano spazio: come dice Bozzi “i ragazzi devono quindi capire come bilanciare ogni oggetto (gli abiti, le coperte, il pane, l’acqua, e così via) per far sì che i personaggi del gioco sopravvivano fino alla tappa successiva”. Per questo le squadre pianificano, organizzano e poi discutono tra loro per trovare il bagaglio ideale e proseguire nel viaggio. “La modalità di gioco è collaborativa – puntualizza Bozzi – bisogna coordinarsi per andare avanti, e quando abbiamo provato Il Viaggio per la prima volta all’Istituto Majorana è stato molto interessante vedere i ragazzi lavorare insieme per riuscire a trovare una strategia vincente”.

La versione 1.0 del gioco funziona solo su pc, e un ruolo chiave ce l’ha la dinamica di squadra al di fuori dello schermo. “Nei prossimi mesi, però, il videogame verrà implementato: creeremo una versione giocabile su tablet e smartphone, e una modalità di gioco individuale, che permetta al singolo giocatore di fare squadra con altri tramite il web”. Entro l’estate, poi, arriveranno nuovi personaggi a complicare la vita della famiglia siriana: lo scafista e l’orfano. “I giocatori – prosegue Bozzi – dovranno trattare con i trafficanti, scegliere se adottare o meno un bambino in fuga rimasto senza genitori, e quindi valutare le proprie risorse sulla base di una serie di nuove difficoltà. La strategia, comunque, resterà il cardine del gioco, perché è proprio questa pianificazione che permette ai ragazzi di immedesimarsi nei personaggi, cioè nei profughi”.

La regola numero uno de Il Viaggio, quindi, è imparare giocando. “Io lo vedo come un modo alternativo per studiare la storia – chiosa Bozzi – per animare le lezioni in aula al di là dei libri. I ragazzi giocano e si divertono, ma allo stesso tempo riflettono e per qualche momento superano quel muro di gomma che la sovrabbondanza di notizie, di immagini e di informazioni ha come effetto collaterale, e che separa la realtà dalla risposta emotiva di chi la guarda”.

Articolo Precedente

Sindrome di Alexander, il piccolo Nicolò e gli altri malati invisibili

next
Articolo Successivo

Elezioni amministrative 2016, scrive “frocio” su Facebook: bloccato per 30 giorni militante lgbt

next