Con l’ultimo femminicidio si è riaperto il pentolone in cui si può trovare ogni sorta di teoria sulla faccenda. Tra tutte le idee, tutte espresse in buona fede, da parte di chi odia vedere donne uccise da uomini, o uomini che uccidono donne, a seconda della prospettiva, per tentare di arrivare ad una soluzione a volte preventiva, in altri casi, troppo spesso, soltanto repressiva, c’è il ritaglio pedagogico che non parla di educazione al rispetto dei genere – il famoso Gender, così come lo chiama la fantasiosa destra cattolica – educazione tesa a spiegare che, guarda un po’, donne e uomini sono uguali e che se una donna lascia l’uomo, va detto che il delitto d’onore, quel tal delitto che veniva trattato con attenuanti quando egli diceva di vendicarsi del di lei adulterio o di un mancato rispetto al di lui onore, non esiste più. Il fatto è che l’articolo del codice penale che lo consentiva è stato cancellato solo nel 1981, assieme a quello sul matrimonio riparatore, per riparare uno stupro che riparare non si può, ma che la cultura che lo legittimava esiste ancora. Ma parlavo dell’angolo pedagogico di chi discute di prevenzione al femminicidio.

La parte che io trovo assai tragica riguarda alcune femministe che pensano a “puntare sul maschile”, ovvero è la femminista che vorrebbe correggere e rieducare il maschile, di per se’ considerato sbagliato, come se tra le donne non vi fosse nessuna a legittimare quella brutta cultura. Ricevo messaggi di continuo, tante storie di tante persone che non hanno voglia né di legittimare le teorie altrui né di fabbricarne altre. Sono messaggi scritti da persone che raccontano gli stereotipi di genere a 360°, da chiunque siano fabbricati e sostenuti, e molte storie parlano di donne sessiste, donne piene di pregiudizi che contestano ad altre donne il fatto di rendersi libere dalle convenzioni sociali.

Perfino tra femministe c’è chi non sa ascoltare e discutere con chi la pensa in modo diverso senza targarti in modo negativo o, addirittura, senza augurarti violenze di qualsiasi tipo. Non è la prima volta che ricevo messaggi di questo genere e non è neppure la prima volta in cui mi tocca leggere di donne che vorrebbero insegnare agli uomini ad essere antisessisti. Alcune invece sono portatrici sane di paternalismo, di quelle che ai bimbi dicono di non toccare le bambine neppure con un fiore, ma poi insultano le ragazzine ree di voler incastrare il figlio perché si sa che le donne sono così. Che dire della misoginia di certe donne che mal sopportano che tu ti vesta come ti pare? Di quelle che ti processano in pubblico, o ti mettono alla gogna con su scritto troia, migliaia e migliaia di condivisioni di frasi del tipo: “non fidarti dell’amica perché è sempre la zoccola che ti frega il fidanzato“. E se non credete a quel che dico provate a chiedere alle migliaia di persone che seguono la pagina facebook di Abbatto i Muri e che mi segnalano frasi tremende, scritte e pensate da donne e veicolate da donne.

La cultura del possesso, il delitto d’onore, la prevaricazione della libertà di scelta delle donne, l’incapacità di vedere le donne come altro da se’, persone altre che possono e hanno il diritto di dire No, sono cose che hanno come protagonisti uomini e donne e quegli assassini sono spesso legittimati e sorretti da donne, parenti, madri, figlie, sorelle, o restano comunque in un contesto che per quanto sia contrario a certi delitti comunque sia banalizza quel che viene prima. Prima dei delitti. Prima che si formi quell’idea in testa che dice a te che puoi ammazzare la tua ex perché o è tua o di nessun altro. Prima di questo c’è un contesto fatto di indifferenza rispetto alla violenza di genere, la stessa indifferenza che pare aver riguardato passanti ai e alle quali Sara aveva chiesto aiuto.

Banalizzazione, analfabetismo funzionale, ipocrisia, tanta ipocrisia, e il bisogno di cercare un nemico fuori da se’, che si tratti del mostro esterno, lo straniero o un altro genere, pur di non indagare le motivazioni che portano alla costruzione di quella cultura. Quando leggo di una donna che mi augura violenza perché non la penso come lei non penso che lei abbia introiettato cultura dei maschi. Penso che le donne siano responsabili delle proprie azioni e non me le sento tutte sorelle. Siamo diverse e tra noi, ebbene si, ci sono quelle che parlano di femminicidio senza sapere che diamine sia, che usano il termine come un brand per fare carriera o soldi e che diversamente da quel che si crede supportano idee totalmente repressive e trascurano completamente la prevenzione.

Ora abbiamo una ministra con delega alle pari opportunità e penso sia forse l’interlocutrice giusta per chiedere a lei che cosa si dovrà fare di una legge, quella sul femminicidio, che non serve a niente e del reato di stalking che non sembra impedire a tanti stalker di continuare a perseguitare le loro vittime. Cara Ministra Boschi, vede, io non concordo con chi dice che bisogna rieducare il maschio, perché il problema non è il maschio, ma siamo tutti quanti noi che continuiamo a puntare il dito contro questa o quella pur di non guardare dove sta il problema. Troppe donne sono uccise o stuprate perché ci sono persone che non sanno accettare un No, perché impongono alle donne un ruolo di genere ben preciso, sono donne e devono esistere solo per soddisfare l’uomo, per compiacerlo, sessualmente e nel quotidiano. Se la donna non fa quanto viene imposto lui, l’uomo, si sente vittima e ritiene di avere una ragione per ucciderla. Per ogni donna morta c’è un pezzo di resistenza che viene uccisa. C’è una partigiana che resiste ad un autoritarismo che viene applicato dentro le case, tra le mura conosciute, e tutto quello di cui parliamo ha testimoni, uomini e donne, tante persone che non dicono nulla, che non sanno far altro che buttare lì un “bastardo, castrazione, odio bla bla” su facebook e poi tutto torna quieto come prima.

Non c’è da rieducare il maschio ma c’è da crescere insieme nella direzione che scegliamo, senza attribuire ruoli di genere alla nascita, per sesso e genere. Se non vogliamo che le donne siano considerate deboli, sempre in balìa delle figure dicotomiche tutori/carnefici, allora dovremmo smettere di considerare gli uomini portatori sani di violenza per via di quello che hanno tra le gambe. E’ l’eterna contraddizione che si manifesta. Da un lato femministe che rivendicano differenze naturali, la donna madre e l’uomo guerrafondaio, e dall’altra le stesse femministe che negano l’estrinsecarsi della natura che loro stesse hanno assegnato, dipingendo gli uomini nell’unico e conseguente ruolo possibile: quello dell’allievo di eterne madri che sono eterne rompiovaie anche delle proprie figlie. Ai corsi di educazione al rispetto dei generi dovranno partecipare tutti, bambini e bambine, uomini e donne, senza pregiudizi e senza stereotipi di genere. Ricominciamo da capo? C’erano una volta tante persone pronte a discutere sul serio di un problema e della sua possibile soluzione preventiva. Il resto spetta a noi scriverlo. A noi soltanto.

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