ALPE D’HUEZ. Giove bicicletta, che finale palpitante e drammatico! Ognuno dei ventun tornanti dell’ascesa all’Alpe d’Huez, dove si è conclusa la ventesima tappa, la penultima del Tour 2015, poteva diventare fatale. Anzi, ad un certo momento lo è stato. Su questa salita che non perdona, Nairo Quintana ha attaccato Chris Froome. Mancavano nove chilometri e mezzo al traguardo, forse qualcosa di meno. Cioè ancora tredici tornati da superare. Quintana ha staccato il britannico, è andato ad inseguire un sogno. Ma Froome ha resistito, aiutato dai formidabili uomini della Sky che si sono prodigati sino allo stremo per salvargli il primato: “Senza il loro supporto non avrei vinto il Tour. E’ una sensazione irreale, è come se non me lo meritassi”.

In parte, è vero: se il Tour 2015 è suo, lo deve allo strenuo sacrificio di Richie Porte che gli ha fatto da pesce pilota marcandogli il ritmo e sollecitandolo psicologicamente, consentendo al capitano di non collassare, “grazie a Richie abbiamo gestito il distacco, e ho potuto contenerlo. Porte è stato fantastico, siamo amici anche fuori dell’ambiente delle corse, peccato che probabilmente alla fine di quest’anno cambierà squadra, è molto bravo in salita, in allenamento talvolta mi stacca, deve solo imparare a concentrarsi per tutte e tre le settimane delle corse a tappe, ed essere più concreto”.

Un Tour allo spasimo, confessa Froome, “abbiamo lottato ogni giorno, perché non c’è mai stato un attimo di pausa, di tranquillità, la sensazione generale, peraltro avvalorata da tutti i corridori del gruppo, è che è stato il Tour più duro e poi c’erano dei rivali molto forti. Quintana è giovane, ha cinque anni meno di me, il suo sarà un futuro sfavillante. Ha saputo scegliere i momenti più opportuni per attaccare, tanto di cappello!”. Il vincitore che ha scansato il pericolo ora si mostra generoso con chi voleva detronizzarlo dal trono del Tour. “Oggi ho temuto di perdere la maglia, questa salita mi ha dato molta emozione, ho pensato veramente che poteva andarmi male… Per fortuna che ho avuto accanto due compagni come Warren Poels e Porte. Mi sento privilegiato per averli avuti vicino nel momento più difficile di questo Tour de France”.

Così, grazie ai suoi compagni, Quintana non è riuscito a strappargli la maglia, e non ha nemmeno vinto la tappa, perché davanti c’era il francese Thibault Pinot – colui che l’anno scorso fu terzo, dietro Vincenzo Nibali e Jean-Christophe Péraud. In preda a furore agonistico: dominare l’Alpe d’Huez è entrare nella leggenda degli scalatori, dei ciclisti che sono la memoria e l’epopea di questo sport. Fausto Coppi, nel 1952, fu il primo vincitore. Certe volte, tuttavia, si può lasciare il segno, e non vincere: Quintana ha tentato l’impresa, gli è mancata la forza, e forse il coraggio di provarci prima. Sull’Alpe d’Huez ci ha messo tutto quello che aveva dentro. Ai duecentomila francesi che hanno assediato la salita, Quintana ha ricordato Raymond Poulidor, il rivale sfortunato di Jacques Anquetil. L’eroe perdente è più umano di chi vince sempre. Ma Quintana è destinato a diventare il campione del futuro, ha già avuto la benedizione di sua maestà Froome… che è invece il padrone del presente. Un presente, purtroppo, offuscato da polemiche, veleni e sospetti: “Questo clima ha un po’ appannato la mia grandissima gioia”, ammette Froome, che non dimentica “né fatti né circostanze: non ho nulla da nascondere”.

Quanto a Vincenzo Nibali, dopo la vittoria dell’orgoglio e dell’onore a La Toussuire, è stato punito dal solito gioco dei destini incrociati. Ieri c’era stato l’incidente meccanico di Froome e il contemporaneo attacco dell’italiano. Oggi, ai piedi dell’Alpe d’Huez, mentre il gruppo della maglia gialla aveva già macinato un paio di chilometri di arrampicata, eccoti la foratura di Nibali proprio quando Valverde e poi Quintana cominciavano a scattare. Risultato: Nibali, attardato dal cambio di bici, ha pagato caro lo sforzo dell’inseguimento, perché davanti andavano forte. Saggiamente, badava a non perdere il quarto posto. Addio podio: un grande Alejandro Valverde non solo ha difeso il terzo posto dalle mire del siciliano, ma ha spianato la strada al compagno Quintana.

Dunque, finale alla Hitchcock. Che ha mandato in delirio una folla immensa, incredibile, capace di incitare tutti i corridori, magari anche troppo: per lunghissimi tratti hanno corso stretti fra due ali di tifosi invasati, e un frastuono da carnevale di Rio. Il Tour è il tempio del ciclismo, sport di strada, sport ancora popolare. Non è il mondo del bling bling, ma delle sagre, della fatica, della passione semplice e caldissima. Uno spettacolo nello spettacolo.

Tiriamo le prime conclusioni. Il Tour l’ha vinto, sia pure con qualche tormento, Chris Froome. Ma anche Nairo Quintana, il delfino: è stato battuto, non sconfitto. Ha sorpreso Valverde: di solito va in tilt la terza settimana. Qui ha tenuto e sostenuto Quintana.

Hanno perso Nibali e Alberto Contador. El Pistolero aveva la colt scarica. Lo Squalo dello Stretto ha avuto una brutta prima settimana, è franato sui Pirenei. Si è ripreso sulle Alpi, ma non stato il Nibali del Tour 2014. In questo teatrino di vincitori e vinti, ci metto monsieur “deuxième”, al secolo Peter Sagan, talento immenso ma un poco avventato. Ha vinto la maglia verde, senza aver vinto una tappa: questo riconoscimento è un simbolo di continuità, di astuzia – si arraffano anche i punticini delle volate intermedie – e di forza.

Un grande vincitore, è il velocista tedesco André Greipel: tre volate possenti, è lui il recordman del Tour, colui che si è intascato più tappe. Un altro da segno più è il giovane francesino Romain Bardet, grande orgoglio e tenacia. Persino Purito Rodriguez – due tappe belle sono state sue, quella a Huy in Belgio, e al Plateau de Beille, sui Pirenei – merita un posto nel pantheon del Tour 2015.

Accanto gli metterei Nibali, ha avuto uno scatto d’orgoglio e di coraggio e ha vinto all’antica, partendo da lontano. Cosa che in questo Tour non ha fatto nessuno, tra i big. So che per Vincenzo è una magra consolazione, che le sue ambizioni sono ben altre. L’anno prossimo, al Mont-St-Michel, dove partirà il Tour 2016, si ricomincia…

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