Poco meno di due mesi fa la sentenza che lo condannava a 9 anni per bancarotta. Ma i guai giudiziari per Danilo Coppola, l’immobiliarista diventata famoso nel 2005 l’estate dei furbetti del quartierino e delle scalate bancarie, non finiscono mai. I militari del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano gli hanno notificato una ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Cristofano nell’ambito di una nuova inchiesta della procura di Milano. Lo hanno aspettato all’uscita di un noto ristorante del capoluogo lombardo.

Società fallite e debito il fisco
È una nuova lunga lista di reati quelli contestati dai pm Mauro Clerici e Giordano Baggio all’imprenditore. C’è il fallimento della società Gruppo immobiliare 2004 (già Gruppo Coppola), con un passivo di oltre mezzo miliardo. E c’è il crac della società Mib srl, creata appositamente, secondo l’accusa, per trasferire la partecipazione Ipi spa dal Gruppo Coppola a Mi.mo.se spa. Nelle pieghe dell’indagine spuntano anche altri due fallimenti, quelli di Tikal srl con 78 milioni di passivo di cui circa 60 di debito con il fisco e di Editori Perlafinanza (febbraio 2015) con 20 milioni di rosso.  Ma cuore dell’indagine è il concordato preventivo ottenuto dalla società Porta Vittoria spa per cui la Procura aveva chiesto il fallimento e che in un primo momento era controllata dalla holding Gruppo Immobilare 2004, fallita nel 2013.

Nel 2009 Coppola aveva ceduto la sua controllata Ipi, che aveva in pancia le quote di Porta Vittoria Spa e Lingotto Spa, alla famiglia Segre per 30 milioni di euro. Soldi che sono stati incassati da un’altra società del gruppo, la Mib Prima (fallita a sua volta), e che sarebbero dovuti servire a trovare un accordo con il Fisco per sanare tutti i contenziosi aperti. L’accordo, però, non è stato trovato e i 30 milioni di euro non sono rientrati nelle casse del Gruppo Immobiliare ma sono stati dispersi in diversi rivoli. Dopo qualche mese la società Porta Vittoria Spa, da quanto è emerso dalle indagini, è invece tornata nella disponibilità di Coppola attraverso una società di diritto lussemburghese. Non solo l’immobiliarista avrebbe anche realizzato plusvalenze dalla compravendita di azioni, realizzate con l’intermediazione di Mediobanca, per circa 100 milioni di euro, che avrebbe poi contabilizzato all’estero. I “debiti” per le società dell’inchiesta milanese si aggirano attorno ai 500 milioni, mentre, secondo gli atti dell’indagine, il Fisco ha aperto un contenzioso che riguarda tutta la sua galassia per circa un miliardo di euro.

Il concordato preventivo di Vittoria spa
Il 26 aprile il Tribunale fallimentare di Milano, non accogliendo la richiesta di fallimento di creditori e procura, aveva ammesso al concordato preventivo la Vittoria spa, titolare di un progetto di sviluppo e riqualificazione immobiliare nell’area sud est di Milano e mai portato a termine proprio per le difficoltà finanziarie. Il concordato era stato chiesto dalla stessa società con lo scopo di congelare i crediti vantati sia dall’istituto bancario Banco Popolare con un’esposizione di 230 milioni di euro, sia dalla Colombo costruzioni che è esposta per 30 milioni circa, sia dalla società immobiliare Ipi, ex società di Coppola ora riferibile a Massimo Segre.

Per i pm Coppola ha cercato di sottrarsi agli impegni finanziari, alle conseguenti responsabilità e anche al Fisco. Falsificando anche i bilanci. Manovre finanziarie che gli avrebbero permesso di ottenere dai giudici il concordato preventivo per evitare il crac. Oltre all’immobiliarista sono indagate anche una decina di persone tra amministratori ed ex amministratori.

La condanna a 9 anni per bancarotta
Vicende diverse quelle contestate oggi anche se in parte collegate a quelle che lo scorso 1 aprile avevano portato alla condanna da parte dei giudici di Roma a 9 anni. L’imprenditore è stato condannato insieme ad altre nove imputati: quattro invece le assoluzioni tra cui quella della moglie di Coppola, Silvia Necci. Secondo l’accusa l’imprenditore ha trasferito beni immobili tra società del suo gruppo a prezzi superiori a quelli di acquisto al fine di ottenere finanziamenti dagli istituti di credito. Nel capo di imputazione si parla di sottrazione, dalla casse delle società venditrici, di risorse finanziarie; del trasferimento di quote sociali e di cariche amministrative delle società di Coppola a prestanome o a soggetti inesistenti; la messa in liquidazione o il trasferimento all’estero di alcune società al fine di ostacolare i tentativi di recupero dei crediti erariali e di evitare o ritardare il fallimento. Insomma una procedura fotocopia contestata nella nuova indagine. “Il pregiudizio regna, sono sbalordito, ma fiducioso” aveva commentato.

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