“Non ci sono nemmeno più i soldi per comprare i libri per le scuole primarie. Siamo a secco”. L’allarme arriva da un funzionario del Comune di Savona che chiede di restare anonimo. Parliamo di poche migliaia di euro per un’amministrazione che ha un bilancio di decine di milioni. Eppure niente, pare che le casse siano abbastanza a secco. Proprio nei giorni in cui – come ha raccontato ilfattoquotidiano.it – rischia di aprirsi un buco, se non una voragine, di oltre ottanta milioni per i derivati acquistati dal Comune negli ultimi dodici anni (amministrazioni di centrosinistra). E proprio a poche settimane dal voto con cui si dovrà scegliere il nuovo sindaco.

Bastano poche righe, una frase in una mail interna tra Comune e Regione Liguria, per rivelare quanto pesanti siano le difficoltà dell’ente: “Si chiede cortesemente se è possibile utilizzare tali risorse – quelle destinate alle borse di studio e all’acquisto di libri per le scuole secondarie e superiori, ndr – anche per il rimborso libri della scuola primaria considerato che, da quest’anno, non sarà possibile stanziare risorse comunali per il rimborso alle cartolerie delle cedole librarie”. Insomma, pare proprio di capire che i soldi per comprare i libri agli studenti più piccoli – come previsto per legge – non ci siano più. Fonti interne al Comune confermano al cronista.

Così l’amministrazione ha appunto deciso di chiedere una deroga alla Regione Liguria: utilizzare i soldi risparmiati l’anno precedente per le borse di studio dei ragazzi più grandi. Ma la risposta è stata secca: “I finanziamenti sono strettamente vincolati dallo Stato all’acquisto dei libri di testo della scuola secondaria di primo e secondo grado. Gli eventuali residui devono pertanto essere utilizzati per la medesima finalità nell’anno successivo o per attivare il comodato d’uso nelle scuole (secondarie di primo e secondo grado)”. In sostanza: picche. I soldi devono essere spesi per la finalità per cui sono stati stanziati.

Così i bambini delle primarie savonesi rischiano di restare senza libri. “Troveremo una soluzione, non lasceremo andare i bambini a scuola senza il sussidiario”, fanno sapere dal Comune. Ma questa storia è la spia di qualcosa di più grande: le casse vuote. E riemerge lo spettro di quei derivati comprati dal 2004 in poi contro i quali si è scagliata la Corte dei Conti. Si parla di cifre molto consistenti per un comune di 60mila abitanti: 31 milioni per un impegno che va dal 2004 al 2014 e 45,14 milioni dal 2007 al 2036. I magistrati contabili parlano di “elevatissimi livelli di criticità”. A cominciare dal ruolo del consulente cui il Comune si è inizialmente rivolto per gestire l’operazione: prima la stessa Deutsche Bank con cui sono stati stipulati i contratti dei derivati, quindi una società di consulenza che dichiara apertamente di agire nell’interesse dell’istituto.

Una vicenda che rischia di riverberarsi sulle prossime elezioni. Infatti il candidato del Pd, Cristina Battaglia, vede tra i suoi sostenitori proprio i due ex-sindaci protagonisti della partita derivati: Carlo Ruggeri e Federico Berruti.
Mentre in città si assiste a un turbinio di dichiarazioni, di prese di posizione da parte della classe dirigente che ha governato Savona per decenni. Uno in particolare, Luciano Pasquale, recordman delle poltrone cittadine. Fino a poche settimane fa è stato contemporaneamente presidente della Cassa di Risparmio di Savona, presidente della Camera di Commercio e presidente dell’Istituto Tagliacarne. Ma è rimasto in sella anche dopo, con l’accorpamento delle Camere di Commercio liguri e il passaggio di Carisa a Carige. Eccolo alla guida della Camera di Commercio unica e nel management di Carige. Parlando con Il Secolo XIX, Pasquale ha chiarito la sua posizione: va bene tutto, “purché non vincano i 5 stelle, perché Savona non ha bisogno dei loro no”. Un doppio endorsement, quindi, alla Pd Battaglia e a Ilaria Caprioglio (centrodestra): “Hanno entrambe le carte in regola per avviare il cambiamento”.

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