C’è un sospettato nelle indagini sulla morte di Mariangela Mancini, la 33enne reatina scomparsa il 12 maggio scorso da Borgorose in provincia di Rieti e ritrovata cadavere il giorno successivo, nella frazione di Spedino, all’interno della sua macchina e con accanto una bottiglia di acido. Gli inquirenti, che hanno aperto un nuovo fascicolo con l’ipotesi di reato di omicidio ancora a carico di ignoti, fanno sapere che il sospettato, non ancora indagato, è l’ospite di una comunità di recupero di tossicodipendenti che si trova a pochi chilometri da Borgorose.

La notizia arriva dopo una serie di smentite, nel corso delle indagini, sulla dinamica della morte della donna: lo scorso 14 maggio una prima autopsia eseguita all’ospedale De Lellis di Rieti aveva confermato l’ipotesi del suicidio, ma la famiglia della 33enne non ci aveva creduto e aveva chiesto agli inquirenti accertamenti più approfonditi sulle escoriazioni e sulle ecchimosi rilevate sul collo della ragazza. La procura di Rieti ha poi bloccato i funerali che si sarebbero dovuti tenere lo scorso 17 maggio, aprendo un fascicolo con l’ipotesi di reato di omicidio e ordinando una seconda autopsia. Le analisi parlano ora di strangolamento e danno un’interpretazione diversa delle tracce di acido muriatico tra i contenuti gastrici, presenti ma non in quantità tale da causare un avvelenamento immediato.

Solo dopo che il procuratore capo di Rieti, Giuseppe Saieva, accompagnato dal sostituto Cristina Cambi e dagli investigatori del reparto operativo dei carabinieri, hanno compiuto un nuovo sopralluogo nella frazione di Spedino, le indagini sono giunte al sospettato: secondo gli inquirenti, l’uomo si è allontanato dalla comunità di recupero per diverse ore dopo il ritrovamento del corpo della giovane reatina, per poi farvi ritorno nella stessa giornata di venerdì 13 maggio.

Un punto fermo nelle indagini riguarda il fatto che la donna è stata trovata con gli indumenti asciutti, nonostante la notte tra il 12 il 13 maggio piovesse nel bosco di Fonte San Paolo di Spedino. Una circostanza che avvalora anche quanto hanno raccontato ai carabinieri alcuni testimoni, secondo i quali la mattina del 13 maggio, mentre erano in corso le ricerche e prima ancora che l’elicottero dei vigili del fuoco scorgesse il corpo della 33enne, il suo cadavere in quel punto del bosco non c’era. Poi ci sono i segni, che hanno spinto la famiglia a chiedere con insistenza i nuovi accertamenti. “Siamo animati dal dubbio, le indagini sono in corso, stiamo facendo tutto il necessario. Se fossimo stati certi del suicidio le avremmo già chiuse”, ha dichiarato il procuratore capo di Rieti, Giuseppe Saieva.

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