E’ notizia di questi giorni che l’Indonesia ha conquistato il non ambito traguardo di superare il Brasile nel campo della deforestazione. Impressionante è la mappa che dimostra la contrazione delle foreste in Indonesia dal 1950 al 2010 e, a tendere, nel 2020. Sicuramente a raggiungere il traguardo hanno contribuito gli incendi dolosi dell’anno scorso, che hanno devastato qualcosa come 2,6 milioni di ettari di foreste e torbiere. E questo per cosa? Per preparare i terreni alle coltivazioni agricole, innanzitutto di palma da olio. Secondo il Wwf, 12 milioni di ettari di foreste indonesiane sono stati ricoperte dalle coltivazioni di palme da olio. Ancora e sempre la palma da olio: una benedizione per le industrie alimentari, una maledizione per l’ambiente. Uno degli esempi più eclatanti di come economia e tutela dell’ambiente confliggano.

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Del resto, basta farsi un giro in un qualsiasi supermercato per rendersi conto del dominio incontrastato dell’olio di palma. In tutti i prodotti in cui fino a qualche anno fa si sarebbe usato il burro, l’olio o la margarina, oggi si legge “olio di palma”. Uno dei prodotti principe che lo vede come ingrediente è quella Nutella della multinazionale Ferrero che giusto questo mese festeggia i settant’anni di attività. Persino i prodotti biologici contengono olio di palma, perché è ammesso: l’importante è rispettare i criteri di coltivazione, anche se per la coltivazione si è rasa al suolo una foresta primari. Sì, certo, oggi c’è l’olio di palma sostenibile, certificato dalla Tavola Rotonda sull’Olio di Palma Sostenibile (Roundtable on Sustainable Palm Oil – Rspo), ma i criteri adottati dalla stessa, e la latitanza dei controlli, fanno addirittura sì che alcune aziende che siedono alla Tavola Rotonda abbiano adottato propri criteri supplementari più stringenti.

Ma se è certo che la produzione dell’olio di palma è disastrosa per l’ambiente, riserve emergono anche sul fronte nutrizionale e della salute per i consumatori. I nutrizionisti affermano che l’olio di palma ha una mediocre qualità nutrizionale. Quanto alla pericolosità, si è espressa questo mese la stessa Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), affermando: “I contaminanti da processo a base di glicerolo presenti nell’olio di palma, ma anche in altri oli vegetali, nelle margarine e in alcuni prodotti alimentari trasformati, suscitano potenziali problemi di salute per il consumatore medio di tali alimenti di tutte le fasce d’età giovane e per i forti consumatori di tutte le fasce d’età.” Lo studio arriva ad ipotizzare addirittura la cancerogenicità del glicerolo. E pensiamo a questo punto all’esposizione soprattutto degli adolescenti che si abbuffano di merendine ricche di olio di palma.

In questo tunnel di cattive notizie, solo un piccolo barlume di luce: alcuni marchi hanno firmato la petizione “Stop olio di palma” promettendo di eliminare questo grasso dai loro prodotti. Sono Coop, Esselunga, Carrefour, Iper, Despar, Primia con i marchi Basko, Poli, Tigros e Iperal, Crai, Ikea, Ld Market, Picard, MD discount e U2. A questi marchi si è adesso aggiunta la Colussi. Per chi pensa che a noi umani la deforestazione non importi consiglio di rivedere (lo proposi già tempo fa) il documentario Green di Patrick Rouxel.

 

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