Non solo dipendenti in cerca di un secondo impiego per arrotondare o pensionati impegnati in un lavoretto saltuario. Come dimostrano le cifre fornite da Inps e Veneto Lavoro, nel 2015 i voucher, strumento pensato per retribuire il lavoro accessorio, nel 23% dei casi sono usati per pagare lavoratori dell’età media di 37 anni, ex occupati, che in buona parte hanno perso il posto nei due anni precedenti. E un’altra fetta importante fetta di persone, il 14%, non è mai stata occupata. Risultato: nel 37% dei casi, quasi uno su quattro, quello retribuito a voucher è l’unico reddito da lavoro. E si tratta di un’entrata non certo sufficiente a mantenere una persona. Secondo la relazione, l’85% dei lavoratori che ha avuto almeno un buono è rimasto al di sotto dei mille euro annui.

Il dato rivela una netta deriva dello strumento rispetto al suo intento originario, cioè quello di facilitare l’emersione dal lavoro nero e pagare prestazioni occasionali per occupazioni saltuarie come il giardinaggio o i mestieri domestici: lo stesso presidente dell’Inps, Tito Boeri, mesi fa ha definito questo strumento “la nuova frontiera del precariato. E ora ha rincarato la dose in un’intervista al Tg Zero di Radio Capital: “I voucher non stanno facendo emergere molto lavoro nero. In alcuni casi creano precarietà e sono controproducenti“. Non a caso, nei prossimi giorni il governo varerà un decreto per introdurre la tracciabilità dei buoni lavoro e limitarne la crescita esponenziale. Ma i sindacati hanno già spiegato come questo intervento non sia sufficiente per eliminare gli abusi, ma sia necessario escludere interi settori e fissare un tetto di ore oltre il quale i buoni non si possono usare.

Nel dettaglio, il rapporto di Inps e Veneto Lavoro fornisce un quadro dei percettori di voucher nel 2015. Tra 2013 e 2015 i prestatori sono più che raddoppiati, nell’ordine del 137%. I silenti, cioè gli ex occupati, sono attorno al 23%. L’età media è pari a 37 anni e la quota di donne è pari al 57%. Di queste persone circa il 40% è risultato attivo, occupato o beneficiario di ammortizzatori sociali, nel 2014. Un altro 20% nel 2013. I soggetti mai occupati, per lo più giovani intorno ai vent’anni, sono pari al 14%, meno di 200mila. In questo caso, la presenza di donne sfiora il 60%, mentre il 30% ha già percepito voucher negli anni precedenti.

Gli occupati, che hanno un secondo lavoro retribuito a voucher, rappresentano il 37% dei casi. All’interno di questa quota, il 29% lavorano presso aziende private, mentre l’8% sono lavoratori domestici, parasubordinati, operai agricoli, lavoratori autonomi, casse professionali, dipendenti pubblici. Gli indennizzati, cioè percettori di ammortizzatori sociali (in larga maggioranza disoccupati beneficiari di Aspi, MiniAspi o Naspi, in minima parte percettori di cassa integrazione) sono il 18%, circa 252mila. In questo gruppo prevalgono i maschi e l’età media è 37 anni. I pensionati, infine, rappresentano l’8% dei casi.

Sul fronte degli importi guadagnati dai lavoratori, sono state 207mila le persone che hanno percepito più di mille euro netti nell’anno grazie ai voucher  appena il 15% del totale. Quasi un milione di lavoratori ha guadagnato meno di 500 euro mentre 213mila hanno percepito solo da uno a cinque voucher nell’intero anno.

Per quanto riguarda i committenti, invece, il rapporto sottolinea che sono raddoppiati (+100%) dal 2013 al 2015, passando a 473mila. Il 76% dei voucher sono stati pagati da aziende dell’industria e del terziario, attive soprattutto nel turismo e nel commercio. Il resto è formato da persone giuridiche e persone fisiche, artigiani e commercianti senza dipendenti, imprese agricole e agricoltori autonomi.

In totale, nel periodo 2008-2015, sono stati venduti 277,2 milioni di voucher da 10 euro per un valore complessivo di oltre 2,7 miliardi di euro. Il numero di tagliandi è passato dai 500mila del 2008 ai 115 milioni del 2015. Su questa crescita esponenziale ha inciso soprattutto la legge Fornero, che ha liberalizzato l’utilizzo dello strumento in praticamente tutti i settori, ma anche il Jobs act, che nel 2015 alzato da 5mila a 7mila euro il limite del reddito percepibile da ogni lavoratore in voucher.

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