Alla fine Manfredi Catella l’ha spuntata. L’enfant prodige del mattone milanese è riuscito dove Francesco Gaetano Caltagirone e Valter Mainetti hanno fallito: la sua società immobiliare, Coima res, arriva a piazza Affari venerdì 13. Non prima di aver ridimensionato le sue ambizioni di incasso: dal collocamento Catella intascherà 215 milioni, cifra ben inferiore agli iniziali 300 chiesti al mercato. Ma poco importa perché almeno Catella riesce a piazzare fra gli investitori istituzionali la prima Società di investimento immobiliare quotata (Siiq) del Paese e soprattutto incasserà denaro fresco per comprare altri immobili. Per Catella il collocamento, gestito da Mediobanca nel doppio ruolo di advisor e finanziatore, è un colpo da maestro che torna comodo anche al presidente del consiglio Matteo Renzi: nello Sblocca Italia il premier aveva infatti sponsorizzato le Siiq nel tentativo di rivitalizzare il mattone italiano. Tuttavia finora l’operazione non aveva portato i frutti sperati dall’esecutivo.

Con la quotazione di Coima le cose sono finalmente cambiate: Catella, che si può certamente annoverare fra i fan del premier viste le numerose partecipazioni a cene e occasioni ufficiali, ha infranto la serie negativa e può vantare un credito nei confronti di banche e governo. Quale migliore posizione per un manager ambizioso? Un uomo che si è fatto le ossa da giovane alla corte di Salvatore Ligresti e che ormai, nella comunità finanziaria meneghina, è considerato a tutti gli effetti l’erede dell’ingegnere di Paternò. Fu Ligresti, del resto, ad affidargli il primo incarico importante a soli 34 anni: il progetto di Porta Nuova, centralissima area milanese in cui svettano i più recenti grattacieli di Milano. “Dopo la scomparsa di mio padre, sei anni fa, mi sono rimasti tre mentori: mia moglie, Gerald Hines e Ligresti” ammise lui stesso in un’intervista rilasciata qualche anno fa. Salvo poi rimangiarsi tutto dopo il crac dell’ingegnere di Paternò spiegando che il rapporto con Ligresti era “limitato e puntale”. Amici di vecchia data, insomma, e soprattutto pre-dissesto. Ben più solido è invece il legame con Francesco Micheli, per decenni finanziere di grido sulla piazza milanese e consigliere della famiglia siciliana. Micheli è infatti socio della Coima sgr, la società di gestione controllata da Catella, ed è l’uomo che lo introduce nei giri milanesi che contano presentandolo anche al sindaco Giuliano Pisapia.

Passo dopo passo, il manager 47enne si guadagna sul campo il titolo di nuovo re del mattone meneghino: è lui, infatti, il protagonista dei più importanti progetti di sviluppo immobiliare all’ombra della Madonnina. Porta la sua firma lo sviluppo dell’area di Porta Nuova, il distretto degli affari milanese in cui svetta la torre di Unicredit e il bosco verticale di Stefano Boeri. Per Catella è molto di più di una riqualificazione urbana. Quasi il segno della sua affermazione come immobiliarista: quando, nel dicembre 2011, i Ligresti navigano in brutte acque, è, infatti, la sua Hines a rilevare le quote in pancia a Premafin pagando un prezzo (25,7 milioni) pari al valore di libro. Una vera manna dal cielo per istituti come Mediobanca e Unicredit, soci e creditori della famiglia siciliana. Tuttavia l’operazione non basta a salvare i Ligresti dal fallimento delle casseforti Sinergia e Imco.

La bufera sulla famiglia siciliana si rivela comunque un buon affare per Catella che non solo si accredita nel mondo bancario, ma, con Porta Nuova, ottiene un portafoglio di immobili di pregio, girati in seguito al fondo del Qatar. Il rilancio della centralissima area milanese vicino alla stazione Garibaldi dà il via ad una rapida espansione del business immobiliare di Catella che nel settembre 2015 si separa da Hines. Intanto continua a crescere incamerando immobili: suo è anche il palazzo dell’ex sede Inps di via Melchionne Gioia, vicino alla stazione centrale di Milano, comprato dal Fondo immobili pubblici, gestito dalla Investire sgr della famiglia Nattino. Ed è sempre sua anche la sede della Camera di Commercio, in via Meravigli, acquistata per 97 milioni conto per conto del fondo sovrano dell’Azerbaijan, Sofaz.

Negli ultimi tempi, a Milano, non c’è, del resto, operazione immobiliare in cui Catella non abbia messo il naso. Memorabili sono anche gli affari con la cassa di previdenza dei giornalisti, l’Inpgi, durante la gestione di Andrea Camporese, con esiti non proprio fortunati per l’istituto come dimostra l’andamento del fondo Hines per le case di Porta Nuova a Milano. È a suo agio anche a Roma dove stringe alleanze importanti. Ma i suoi affari hanno confini ben più ampi: figlio di una generazione che si è formata all’estero, il manager si muove con disinvoltura negli ambienti statunitensi e mediorientali. Senza disdegnare il Lussemburgo dove il gruppo Hines, incluse le attività italiane guidate da Catella, figurava nell’elenco degli italiani dediti all’ottimizzazione fiscale nel Granducato, reso noto dai Luxleaks.

La struttura del suo impero si basa sostanzialmente su due pilastri. Da un lato c’è una società di gestione del risparmio, Coima sgr, con cui rastrella denaro in giro per il mondo ed investe un totale di 5 miliardi di asset per conto di terzi. Dall’altro c’è la Siiq Coima Res, un’azienda che investe esclusivamente in immobili per uffici locati pagando ai soci rendimenti grazie ai canoni di locazione. Le due società hanno in comune tre manager: Catella e suoi due amministratori di punta, Gabriele Bonfiglioli e Matteo Ravà. Inoltre c’è un rapporto diretto fra il gestore Coima sgr e l’omonima siiq: come riferisce il prospetto, la sgr ha conferito alla siiq il fondo IBF, che ha in pancia immobili affittati a Deutsche Bank. Ma, in fase di collocamento, l’intreccio di interessi e di manager fra le due società non viene particolarmente apprezzato dal mercato internazionale, poco propenso ai rapporti troppo stretti fra società di gestione e siiq perché forieri di potenziali conflitti di interesse. Di qui probabilmente le difficoltà inizialmente riscontrate da Catella per collocare Coima, lo slittamento della chiusura dell’offerta ed, infine, la riduzione del numero di azioni vendute sul mercato.

Gli investitori stranieri del resto ricordano ancora casi come quello dell’immobiliarista Luigi Zunino che nel 2005 dominava il mattone milanese. All’interno di Risanamento, l’imprenditore piemontese aveva diviso il suo portafoglio di immobili in due grandi famiglie (quella francese messa a reddito e quella italiana per le riconversioni di aree urbane) per finanziare le nuove idee con i canoni dei palazzi parigini in locazione. Con questa struttura, sognava il più grande progetto di riqualificazione urbana d’Europa nell’ex area Falck, nella zona sudorientale di Milano. E’ finito schiacciato dai debiti e abbandonato dalle banche che fino a pochi anni prima lo avevano finanziato a larghe mani. Una storia difficile da dimenticare e che fa riflettere gli investitori internazionali, consapevoli che il mercato immobiliare italiano non attraversa una fase particolarmente felice. Questo Catella ha dovuto impararlo a sue spese accontentandosi di un’ottantina di milioni in meno per la sua Coima.

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