Come sempre capita quando si ricevono lettere simili preferisco lasciarle alla riflessione dei lettori. Poi, dopo aver riletto e riflettuto, li invito a pensare come si sentirebbero al posto della mamma e del papà della piccola G. E cosa farebbero.

Gentile dr. Nocchetti vorrei, a nome della Associazione Diabete junior Campania, raccontarle la storia di una famiglia alla cui figlia di 36 mesi è stato diagnosticato in ospedale, circa 3 mesi fa, il diabete mellito di tipo 1 (DM1). La scoperta della malattia è avvenuta dopo un ricovero d’urgenza al centro di riferimento perché la piccola G., giunta quasi in coma per un difetto di informazione sulla patologia all’esordio, era bisognosa di rianimazione, di un trattamento insulinico e di reidratazione per non morire.

Sì, perché il DM1 non è il diabete di tipo 2 alimentare che si cura con la dieta, lo sport e uno stile di vita sano, fino al punto di farlo regredire. Il DM1 è una patologia autoimmune, cronica ed insulino-dipendente soggetta a continui sbalzi glicemici: in questa malattia la ipoglicemia ed iperglicemia la fanno da padroni.

Infatti la piccola G. dall’esordio della patologia ha iniziato a fare circa 4 siringhe di insulina al giorno, prima dei pasti, più altre per la correzione di picchi iperglicemici. E ancora circa 6 punture capillari al giorno sui polpastrelli per misurare la glicemia così come richiede il diario giornaliero, per una somma di circa 10 punture al giorno, che fanno circa 300 punture al mese, che fanno circa 3.600 punture all’anno.

La bambina da subito mostra un gran coraggio ma i suoi genitori sono, come è ovvio, scoraggiati ed avviliti. Loro frequentano spesso l’ambulatorio e le loro visite non sono semplici sopralluoghi ma dei veri e propri percorsi educazionali fatti di corsi di educazione alimentare, di accettazione della malattia, di cambio terapie, visite oculistiche e tutto ciò che questa patologia comporta in termini di possibili complicanze.

La presenza dei genitori è necessaria per gestire il diabete di G. e le eventuali, ma sempre possibili, emergenze, soprattutto perché lei non riesce a percepire e a comunicare una ipoglicemia importante, che può metterla in serio pericolo di vita. La bambina deve ad ogni pasto controllare la glicemia, calcolare le unità di insulina da fare, decidere i tempi di attesa per mangiare il suo pasto. Insomma G. dovrebbe prendersi cura di sé a soli 36 mesi anche di notte, perché soprattutto la notte si possono verificare episodi di ipoglicemia.

Questo, è incredibile a dirsi, è quello che ritengono i medici di molti distretti sanitari della Campania e di altre regioni. Noi sfidiamo questi medici, sicuramente anche loro genitori, a dimostrarci che i loro figli di 36 mesi sarebbero in grado di farlo.

Alla visita della Asl in risposta alla loro richiesta di invalidità ai sensi della Legge 104 Art. 3 Comma 3 (l’unico che dà diritto ai permessi dal lavoro) e di indennità di accompagnamento a cui la piccola G. avrebbe diritto poiché incapace di svolgere le funzioni proprie della vita come i suoi coetanei, la commissione esaminatrice dell’azienda Napoli 2 Nord, ambulatorio di Marano distretto 11, pare abbia comunicato ai genitori che per la piccola non è previsto nulla e che il suo diabete dopo lo sviluppo si “toglierà”.

Niente invalidità, niente accompagnamento e niente permessi di lavoro per i suoi genitori.

La storia di G. è la storia dell’Italia ed è una storia in molti casi infarcita di superficialità e di incompetenza. La mancanza di responsabilità impera un po’ ovunque, perché tanto a pagare sono sempre i soggetti più deboli. Le Linee Guida inviate dall’Inps, nel novembre 2015, a tutti i coordinatori medico-legali regionali e ai responsabili delle Uoc/Uos territoriali vengono disattese, per cui la maggior parte dei funzionari pubblici coinvolti non applicano le leggi perché ne ignorano totalmente i contenuti.

Le sarei grata se potesse aiutarci, per la piccola G. e per tutti i bambini che a tre anni non sanno ancora risolvere le equazioni!

Carmina Nocera
Associazione Diabete Junior Campania 

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