Quando tre anni fa è nata l’idea della Social street iniziata in Via Fondazza a Bologna, non avevamo ben chiaro l’obiettivo di lungo termine; personalmente sapevo solo che avevo una necessità impellente, un po’ astratta direi, di sentirmi parte della mia strada, della piccola comunità, di avere più relazioni con i vicini di casa per socializzare, trovare amichetti a “km 0” per mio figlio, insomma, migliorare la vita partendo dal piccolo, valorizzando quello che stava intorno a me. Oggi si parla molto di resilienza, ovvero riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà; Social street è stata una risposta positiva di fronte alla sterilità delle relazioni umane del mondo di oggi che ci hanno reso sempre più soli e individualisti. Esempi d’innovazioni, che cercano di dare risposte “local” a problemi di ordine generale, ne esistono molti.

L’anno scorso l’economista francese Charles Edouard Vincent ha lanciato a Parigi il progetto “Lulu dans ma rue”, ovvero una sorta di portierato di quartiere. L’idea è molto semplice, Lulu è un vero e proprio chiosco dove le persone che abitano in un quartiere possono recarsi e rivolgersi per risolvere problemi pratici. C’è da cambiare una guarnizione ad un rubinetto? Un orlo ad un pantalone? Il portinaio della strada che ha molte relazioni con i vicini può conoscere la persona giusta per risolvere quel problema. Lulu è un vero e proprio servizio poiché si paga in anticipo ed il portinaio pensa a risolvere la problematica valorizzando il vicinato. Ma non importa andare molto lontano, esperienze simili sono nate anche in Italia, nello specifico a Perugia. Qualche tempo fa è stato lanciato un progetto europeo sulla sicurezza urbana (Share my European City) in partnership con il comune di Perugia e la cooperativa sociale Borgo Rete.

Il progetto lanciava i “portieri di strada”, ovvero dei mediatori, degli attori di quartiere che si prendono cura delle persone, che conoscono le varie problematiche e cercano di aiutare nelle piccole cose, come portare a casa la spesa ad un anziano. Qual è il minimo comune denominatore fra queste esperienze? C’è sempre più necessità di ritornare al contatto umano, di mettere da parte lo smartphone aprendo l’ennesima app per risolvere un problema, bensì di tornare a relazionarsi con le persone, rivolgersi a qualcuno, magari un vicino, verso il quale si nutre fiducia. Oggi tutte le start up tecnologiche si preoccupano di creare l’involucro per gestire una richiesta ma a volte è più importante preoccuparsi di cosa mettere dentro l’involucro. Ci sono molte applicazioni che svolgono ottimamente il servizio che offre Lulu,  ma l’idea semplice di Charles Vincent ha qualcosa in più, la fiducia che i vicini nutrono nei confronti del portiere di quartiere, o forse più semplicemente le persone hanno bisogno di andare ad esporre i propri problemi interloquendo personalmente, senza fare tutto on line perché a volte può bastare un semplice consiglio.

Una differenza sostanziale fra Social street e gli altri progetti sta nel fattore economico. Social street nasce e continua a vivere di vita propria, alimentato dalla spontaneità delle persone, il tutto basato sulla gratuità. Progetti come quelli citati vanno avanti solo attraverso finanziamenti o ritorni economici di qualche tipo, ecco perché Social street è considerato oggi un fenomeno d’innovazione sociale, oggetto di studio da parte di varie università italiane. Certamente le Social street possono essere meno efficienti di servizi più strutturati perché si basano sulla spontaneità; il supporto fra vicini di casa non è mono direzionale (una persona di riferimento che interagisce con gli altri) bensì pluridirezionale, tanti attori che interagiscono fra loro in momenti differenti.

Quello che ormai sembra chiaro è una cosa, la nostra società ha bisogno di fare un passo indietro. Oggi esiste un’applicazione smartphone per fare qualsiasi cosa eppure si diffondono sempre di più iniziative che ci dicono chiaramente che le persone hanno bisogno di altro, ed i numeri confermano questa tesi. “Lulu dans ma rue” in un anno ha fornito 4500 servizi a 2100 persone in uno solo quartiere di Parigi e per il 2017 hanno in programma di aprire altri due chioschi a Parigi. Social street oggi conta 430 “strade sociali” in tutto il mondo con oltre 60.000 persone che fanno parte dei vari gruppi facebook. Spontaneamente le persone hanno aderito ad un’idea semplice lanciata in Via Fondazza a Bologna nel 2013, senza un euro investito in comunicazione, ma che comunque è finita in prima pagina sul New York Times e sulla Bbc, semplicemente dando il buon esempio. A volte basta poco.

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