La massiccia presenza di giornalisti stranieri invitati, oltre alle poche agenzie estere con una redazione a Pyongyang, dà l’idea di quanto il settimo congresso del Partito coreano dei lavoratori che si è aperto oggi sia un fatto epocale. L’ultimo si tenne infatti 36 anni fa, quando si era agli albori della “seconda Guerra Fredda”, come si può definire il periodo di nuove tensioni tra Stati Uniti e l’allora Unione Sovietica, e quando il potere nella Repubblica popolare democratica di Corea era ancora in mano al poi Eterno Leader, Kim Il Sung. L’alone di mistero con cui il regime ammanta la propria politica interna, come forma per preservare il potere, non è comunque venuto meno.

La sessione di apertura si è svolta a porte chiuse. Tallonati da interpreti e accompagnatori, i reporter stranieri presenti hanno seguito da fuori l’appuntamento. La convocazione stessa del congresso rappresenta in un certo senso la rinnovata importanza del partito rispetto al potere dei generali che affiancarono il Caro Leader. Così come l’assise del 1980 sancì la definitiva ascesa al potere di Kim Jong Il, padre dell’attuale leader stroncato da un infarto a dicembre del 2011, allo stesso modo quella in corso servirà a cementare il potere del poco più che trentenne Kim Jong Un.

Per questo la stampa di regime – dalla televisione di Stato all’agenzia governativa Kcna, passando per il quotidiano ufficiale Rodong Sinmun – si è spesa per elevare la figura del giovane terzo esponente della dinastia rossa. Una successione dinastica in uno stato socialista che non deve sorprendere, spiega il coreanista Antonio Fiori nel suo ultimo libro Il nido del falco, mondo e potere in Corea del Nord (Le Monnier). Quando Kim Il Sung optò per questa opzione la Corea aveva alle spalle le turbolente lotte intestine alle due potenze comuniste cinese e sovietica per la successione a Mao e prima ancora a Stalin e Kruscev. Kim Jong Un è messo pertanto in relazione con il padre e il nonno. Fiori sottolinea nel volume il valore del concetto di pietà filiale e del fatto che si ritiene i figli portino con loro parte delle qualità dei propri avi. Il Rodong Sinmun a sua volta sottolinea l’importanza dell’appuntamento tanto per il partito quanto per la Storia. La televisione di Stato, infine, ha rispolverato per l’occasione la veterana delle trasmissioni televisive Ri Chun-hee, che lo scorso 6 gennaio annunciò l’avvenuto quarto test atomico.

Rafforzare l’immagine di leader servirà al giovane Kim per proseguire nella politica del “byongjin”, vale a dire la strategia che corre sui due binari paralleli del rafforzamento militare e dello sviluppo economico. Il primo punto, assieme a un senso di accerchiamento, spiega lo sfoggio di forza di cui Pyongyang ha fatto mostra dall’inizio dell’anno. Con l’annuncio di essere entrato in possesso della tecnologia termonucleare, il regime si è voluto porre nel novero di Paesi al vertice del deterrente atomico. Un quinto test potrebbe addirittura accompagnare e celebrare il congresso.

Il Rodong Sinmun in un editoriale definisce d’altra parte “indiscutibile” il deterrente nucleare, che servirà a tener testa alle “persistenti manovre degli Usa per isolare la Repubblica popolare democratica di Corea”. Nelle scorse settimane si sono inoltre anche succeduti una serie di test missilistici, di cui due a medio raggio falliti, uno addirittura nel giorno in cui il regime celebrava l’anniversario delle nascita di Kim Il Sung. Dimostrare di aver raggiunto il top degli armamenti lascerà comunque al Brillante compagno Kim Jong Un spazio per dedicarsi al secondo binario del byongjin: lo sviluppo economico. Non sono da aspettarsi riforme sul modello cinese o vietnamita, ma negli ultimi tre anni il regime ha concesso aperture. I barlumi di crescita rischiano però di infrangersi sulle sanzioni imposte dalla comunità internazionale in risposta ai test di questo inverno, che nelle intenzioni dovrebbero colpire in particolare le élite del Paese.

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