di Tatiana Biagioni *

Le molestie sessuali sui luoghi di lavoro sono un fenomeno rilevante nel nostro Paese secondo un’indagine Istat ormai risalente nel tempoNumerosi sono i casi di donne molestate al lavoro costrette a dimettersi, incentivate a lasciare il lavoro, obbligate al trasferimento in altre unità produttive. Al contrario il molestatore, spesso un superiore gerarchico, rimane saldamente al proprio posto. E’ proprio questa la normalità: chi viene molestato di regola perde il posto di lavoro o viene trasferito altrove perdendo, comunque, la propria professionalità. Perché si tende a proteggere il molestatore che è (di regola) seriale e probabilmente ha già molestato in passato e lo farà in futuro?

Manifestazione contro la violenza alle donne

La domanda è certamente pertinente in quanto chi molesta non solo viola la dignità della persona (e questo è più che sufficiente per decidere da quale parte stare), ma attenta alla produttività dell’azienda. Chi molesta non lavora, non fa lavorare la propria vittima e mette in difficoltà tutti coloro che assistono e lavorano in un clima caratterizzato dai soprusi. Molti ignorano cosa significhi veramente molestare sessualmente una lavoratrice o un lavoratore, così come in molti tendono a minimizzare gli effetti che questo tipo di violenza causa alle vittime. L’art. 26 del decreto legislativo 198 del 2006 definisce molestie quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.

Le caratteristiche fondanti la molestia sono indicate chiaramente dalla norma: è necessario analizzare il punto di vista del molestato e non quello del molestatore; è inutile indagare sulla motivazione che spinge un soggetto a molestare: se l’effetto del comportamento è la violazione della dignità di una persona si tratta certamente di molestia. La casistica è triste ed infinita: pesanti commenti sul corpo delle donne, pacche sul sedere, invio di materiale pornografico o di materiale a chiaro contenuto sessuale, inviti a cena reiterati ed indesiderati, gesti volgari, allusioni sessuali, messaggi a sfondo sessuale sul telefonino, per fare solo alcuni esempi. Ebbene, ancora oggi, davanti a casi di evidente violazione della dignità di una persona all’interno dei luoghi di lavoro, invece che agire contro chi molesta, si continuano a registrare insostenibili tentativi di banalizzare tali comportamenti cercando di catalogarli come atti goliardici, provocando così un’ulteriore umiliazione per la vittima.

Recentemente Cgil, Cisl, Uil e Confindustria hanno recepito un accordo siglato dalle parti sociali europee nel 2007: si tratta dell’Accordo quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoroQuesto accordo parla del rispetto reciproco, della dignità all’interno dei luoghi di lavoro come caratteristica fondamentale delle organizzazioni di successoLe finalità dell’accordo sono quelle di aumentare la consapevolezza dei datori di lavoro, delle lavoratrici, dei lavoratori e dei loro rappresentati sulle molestie e sulla violenza nei luoghi di lavoro, oltre che fornire un quadro di azioni concrete per individuare, prevenire e gestire i problemi derivanti dalle molestie e dalla violenza nei luoghi di lavoro.

Vi si legge che ogni atto o comportamento che si configuri come molestia o violenza nei luoghi di lavoro è inaccettabile; che la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori non può essere violata da atti o comportamenti che configurino molestie o violenza; che sia i comportamenti molesti, sia la violenza subita nei luoghi di lavoro vanno denunciati; che le lavoratrici, i lavoratori e le imprese hanno il dovere di collaborare al mantenimento di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali basate su principi di eguaglianza e di reciproca correttezzaLe parti sociali si impegnano inoltre a promuovere l’individuazione sul territorio delle procedure di gestione più adeguate e l’adozione da parte delle aziende di una dichiarazione che faccia propri i principi sopra enunciati.

L’accordo europeo oggi recepito in Italia fornisce in verità una definizione di molestia diversa da quella prevista nel nostro ordinamento. Le molestie infatti si verificherebbero nel caso in cui un individuo subisca “ripetutamente e deliberatamente” abusi, minacce e/o umiliazioni in contesto di lavoro. Ebbene affinché ci sia molestia, non sono necessari atti ripetuti e deliberati, può esserci un unico atto che abbia però l’effetto di violare la dignità della persona e ciò costituisce molestia e come tale va condannato. L’aspetto più interessante dell’accordo recepito riguarda la prevenzione, l’individuazione e la gestione dei casi di molestie e di violenza sui luoghi di lavoro. Infatti si chiede alle imprese di adottare una dichiarazione che sottolinei che le molestie e la violenza non verranno tollerate; si chiede di adottare specifiche procedure da seguire qualora si verifichino dei casi di molestie o violenza, ma soprattutto si afferma che qualora venga accertato che si sono verificate delle molestie o violenze occorre adottare misure adeguate nei confronti di colui o di coloro che le hanno poste in essere: ciò naturalmente include azioni disciplinari che possono portare al licenziamento.

Può sembrare del tutto evidente ed anche banale che, una volta accertata la molestia sessuale ai danni di una lavoratrice o di un lavoratore, si proceda disciplinarmente nei confronti del colpevole, come abbiamo visto, però, la realtà prende strade diverseL’iniziativa delle parti sociali è senza dubbio da apprezzare, è una voce che si leva a favore delle vittime di molestie e violenze nei luoghi di lavoro, ma al tempo stesso è necessario che trovino finalmente applicazione anche nel nostro Paese le normative sulla discriminazione di genere e sulle molestie; le leggi ci sono, applichiamole e promuoviamo la cultura del rispetto: è questa la parola chiave, dove c’è rispetto nessuna molestia e nessuna violenza è possibile.

 * L’autrice è una delle curatrici di questo blog. Biografia: giuslavorista, da anni impegnata nelle politiche di genere – anche nel ruolo di consigliera di parità della Provincia di Milano – mi occupo di promuovere e difendere la parità nel mondo del lavoro e nei luoghi in cui si assumono le decisioni, convinta che ciò sia essenziale alla crescita ed alla coesione del Paese e di ogni organismo collettivo. La tutela del lavoro femminile, la difesa contro tutte le discriminazioni di genere, contro le molestie, le molestie sessuali ed i licenziamenti discriminatori, rappresentano il mio quotidiano impegno professionale. Ho due figli, Livia e Jacopo. Sono fiorentina, ma vivo e lavoro a Milano.

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