Tutti si rendono conto che i buoi sono già scappati. È certamente tardi, ma come è possibile che il governo non consideri tra le sue priorità quella di mettere una pezza alle ormai troppo numerose disgrazie finanziarie? Possibile che un governo che sostiene di essere impegnato a «fare», a cambiare l’Italia non senta l’esigenza (anche elettorale, non importa) di andare incontro alle centinaia di migliaia di italiani che stanno pagando il prezzo di una regolamentazione insufficiente del mondo finanziario, pubblico e privato? La domanda, anche per quelli che non hanno fiducia in Renzi, non è una finzione retorica, è un’esigenza reale, un contributo serio a migliorare la convivenza civile in questo paese.

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Già perché il danno maggiore degli scandali finanziari, non è quello patrimoniale di chi ha perso tutto, o del denaro pubblico che deve essere versato per coprire i buchi. Certo i Veneti farebbero bene a fare un po’ di mea culpa, per quello che è successo a Vicenza e a Montebelluna. Ma anche toscani, marchigiani ferraresi e genovesi potrebbero fare ampio uso di sale sul capo, se non altro per non aver visto quello che stava succedendo. Una Quaresima generalizzata. Poi c’è quello che sta accadendo con le Fondazioni bancarie da un lato e con la Cassa Depositi e Prestiti dall’altra, e lo vedremo meglio fra un paio di anni, anche se pensarci ora non sarebbe male. Poi ci sono i miliardi pubblici che sono andati perduti nel buco di derivati del duo Draghi-Cannata e successori, non si sa se per incompetenza, presunzione o eccessiva «furbizia». In tutte queste storie però la dinamica di fondo è sempre la stessa: take the money and run (Steve Miller Band). Alcuni incassano (in genere si autoassegnano) una gran massa di denaro, provocano un danno immenso ad azionisti e risparmiatori, infine con l’assistenza della legge scappano indenni e lasciano tutti gli altri a pagare fino all’ultimo centesimo e oltre. Va da sé che in un paese in cui tutti i cittadini dovrebbero essere uguali davanti alla legge questo non dovrebbe succedere.

Queste sono dinamiche da paese preistorico basato sulla violenza. Il principio universale del chi rompe paga non può fermarsi sulla porta delle banche o delle spa e non c’è bail in europeo che tenga. È una questione di tranquillità sociale. Il più grande economista del XX secolo, Joseph Schumpeter, per ambizione personale, accettò di divenire presidente di una banca austriaca, la Biedermeier Bank, che nonostante il suo impegno fallì così egli pur non avendo responsabilità dirette, fu costretto per tutta la sua vita a lavorare per ripagare i danni economici che la legge Imperiale Austriaca gli imputò. Il modello odierno per cui alcuni possono accumulare fortune immense essendo contemporaneamente i diretti responsabili della disgrazia di migliaia di altri cittadini, sarà anche da giungla finanziaria, ma è soprattutto tipico di una società che vuole cercarsi le grane, che non vuole evolversi e non capisce che senza le regole, prima o poi qualcuno si stuferà…

Il governo pensi quindi a mettere mano rapidamente alle fonti di ingiustizia e di pesante diseguaglianza tra cittadini, che nascono dai troppo frequenti scandali finanziari. La questione è urgente e non è solo un problema di rimborsi ai truffati. Non basta semplicemente allungare la prescrizione, non basta la «revisione» del reato di falso in bilancio. Qui si tratta di dare alla Magistratura le leggi per colpire economicamente duramente i responsabili delle gestioni pessime e fraudolenti, attraverso nuovi mezzi legali che consentano anche di intervenire direttamente su tutti i patrimoni, che al contrario oggi possono essere ancora occultati impunemente. Chiedere che almeno davanti alla legge i derubati abbiano gli stessi diritti dei ladri è più che urgente (oltre che ragionevole).

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