Sta gestendo anche l’ultimo “concorsone” per la scuola da 60mila posti, quello che dovrebbe basarsi sul merito. Ma al vertice dell’ente c’è un direttore imputato per truffa e il revisore dei conti è a processo per bancarotta. Nel gigante dell’informatica di Stato l’assenza di carichi pendenti è requisito d’ingresso solo per stagisti, borsisti e candidati a un impiego. E ancora: i docenti e gli amministratori che dovrebbero tagliarsi i compensi per legge se li sono raddoppiati da soli, facendosi anche scudo dell’autorevole parere di Catricalà che commissionano e poi ignorano. Così, il gigante per l’informatica nella scuola resta una grande lavagna nera della trasparenza, dietro cui succede di tutto: i delegati e i vertici politici che dovevano tagliarsi i compensi e se li raddoppiano da soli, quando è dubbio che ne avessero perfino diritto; gli amministratori che commissionano autorevoli pareri sulle spese che poi ignorano, facendo l’esatto contrario, dirigenti apicali assunti dal grande consorzio delle università senza una laurea ma con generosi stipendi che nessuno pubblica. Più che la lavagna, la tomba stessa della trasparenza.

La doppia morale sulla legalità
In un recente articolo avevamo iniziato a scriverci sopra un nome: quello di David Vannozzi, designato il 23 marzo scorso al vertice dell’ente nonostante sia imputato per truffa e falso in atto pubblico. La vicina prescrizione (settembre) e l’appeal renziano hanno fatto superare le remore sul candidato che dell’ente era anche “responsabile per la trasparenza”. Chi meglio di un imputato per truffa? Sul caso sono state depositate interrogazioni rivolte al ministro Giannini perché Vannozzi in consiglio rappresentava il Miur. Non hanno sortito effetti e dai 21mila euro che percepiva come consigliere Vannozzi in versione dg ne percepirà 240mila, salvo premi.

C’è da dire il direttore che è già in buona compagnia. Per 17mila euro l’anno, tra compensi e gettoni, sui conti di Cineca vigila Claudio Siciliotti, sindaco revisore dal 2011 e già presidente dell’Ordine dei Commercialisti, imputato a Salerno per la vicenda del crac del “pastificio Amato”. L’accusa: concorso in bancarotta fraudolenta. Secondo la Procura di Salerno, Siciliotti avrebbe elaborato un’operazione di finanza immobiliare volta a far svanire il patrimonio della famiglia Amato favorendo così la crisi dell’azienda che portò al suo fallimento. Questo non ha impedito a Siciliotti di essere rinnovato come “revisore” di Cineca e nel 2015 designato presidente del collegio sindacale della controllata Kion Spa. La giustizia farà il suo corso (salvo prescrizioni) ma le due nomine già oggi fanno a pugni con i requisiti pretesi dall’ente per la candidatura alle posizioni più basse, dal borsista all’impiegato.

L’anno zero della trasparenza
Chiediamo a Tiziana Catarci, docente de La Sapienza, membro del Cda e presidente di Kion, il braccio operativo dell’ente. La trasparenza, innanzitutto. L’omonima sezione del sito del Consorzio è rimasta a lungo vuota, avvolta da una nube e trafitta dal paradosso: mentre tutti gli enti che partecipano il Consorzio sono allineati da ormai due anni, il Cineca ha bucato anche l’ultima scadenza (31 gennaio 2016) che Anac ha fissato. Va dato atto che il 6 aprile scorso, a 47 anni dalla sua fondazione, per la prima volta sul sito del Cineca sono stati pubblicati i compensi degli organi. Mancano ancora, tra gli altri, i curricula e le retribuzioni dei dirigenti, le valutazioni delle performance, le consulenze e tanto altro ancora. “Ha ragione, la questione è all’attenzione del consiglio e presto sarà tutto online” dice Catarci.

Cineca però è un ente pubblico al 100% finanziato direttamente dal Miur e ha l’obbligo, non la facoltà, di rendere pubblici i propri costi e di adeguarsi ai dettami del Dl 95/2012 altrimenti nota come spending review. A ribadirlo è anche un parere pro-veritate che il Consorzio ha chiesto all’ex garante Antonio Catricalà, niente meno. E che è diventato un vero e proprio “giallo”. La consigliera è pronta a esibirlo ma ecco la sorpresa: la versione che ha, e forse l’intero consiglio, non riporta le ultime 4 righe che dicono chiaramente come gettoni e i compensi di amministratori e consiglieri dovrebbero andare nelle casse degli enti che li esprimono, non nelle loro tasche. “L’obbligo di riversamento del compenso di competenza – si legge – deve essere adempiuto direttamente dall’ente controllato all’amministrazione di appartenenza”. La professoressa quasi trasecola e poi nega con fermezza: “Forse la copia che avete voi è diversa… – sostiene – poi non credo siano mai stati emanati i decreti attuativi per quella parte della legge…”.

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Parere per Cineca  dell’avv. Antonio Catricalà su applicabilità art. 4 Dl 95/2012

 

Dovendo tagliare i compensi li raddoppiano
Certo è invece che, in barba al parere e alla spending review, il consiglio in carica si è aumentato gli emolumenti anziché ridurli come imponeva la legge. In base al D.L. 90/2014  dal 1 gennaio 2015 i compensi per le cariche amministrative degli enti pubblici dovevano calare del 20% sul 2013. Ma non al Cineca, dove il 20 novembre scorso il consiglio consortile del consorzio approva un ricalcolo singolare che, come risultato, non porta a una riduzione ma un aumento del 50% dei compensi.

Lo dice la delibera sui compensi (leggi): preso atto che nel 2013 c’erano due consorzi, il Cineca più il Caspur e cioè due entità giuridiche di diritto privato che assommavano 5 consiglieri ciascuna (10 in tutto), al Cineca che ha assorbito Caspur hanno fatto la seguente equazione: nel 2015, fatta la fusione, ha riconosciuto alle cariche l’80% di compensi spettanti a entrambi i consigli, anche se ne è rimasto in piedi uno solo.

E alla fine dei conti…
Il Cda di Cineca nel 2013 aveva percepito 102.800,63 euro e avrebbe dovuto percepire l’80% di quello ossia 82.240,50 euro, invece percepirà 124.000 euro, ossia un aumento diretto del 50,77% che va direttamente in tasca ai 5 membri del CdA del Cineca. Eppure la fusione dei consorzi era stata deliberata proprio per diminuire le spese di funzionamento, non per aumentarle. Catarci spiega: “A un certo punto abbiamo ritenuto di allontanare i vertici della passata gestione per le irregolarità che abbiamo riscontrato, informandone anche la Procura di Bologna. In quel momento, senza più il dg, il Cda si è dovuto far carico di incarichi operativi c’è stata una piccola indennità di carica di 15mila euro lordi, oltre il gettone di presenza da 400. Come vede non ci si arricchisce”. Ma di certo non si risparmia.

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