E’ una bestia che forse non ha neanche capito quello che ha fatto: in un altro Paese lo condannavano a morte“. A parlare è Pietro Loffredo, 40 anni, il padre di Fortuna, la bambina di 6 anni morta dopo essere precipitata il 24 giugno 2014 dall’ottavo piano del palazzo dove abitava, nel Parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli. La “bestia”, secondo Loffredo, è Raimondo Caputo, l’uomo di 43 anni accusato di aver violentato e ucciso Fortuna, buttandola giù dall’ottavo piano. Una ricostruzione che ora si avvale anche della testimonianza della figliastra di Caputo, amica di Fortuna, che ha solo 11 anni e ora vive in una casa famiglia.

Pietro è uscito dal carcere da circa un anno, dopo avere scontato una decina di anni per reati come la vendita di cd falsi e piccole truffe. Ora, per essere stato colto a vendere noci di cocco in spiaggia, rischia di nuovo il carcere. Era in cella quando Chicca – così veniva chiamata Fortuna – morì. “Grazie a dei permessi – racconta, in un’intervista all’Ansa – ero riuscita a vederla 4-5 volte prima della sua morte e per questo mi sento anche in colpa. Forse proprio perché cominciavo a essere più presente, Fortuna stava pensando di dirmi lo schifo che subiva da quel porco”. Il papà di Chicca chiede che la giustizia non molli la presa sulla vicenda di sua figlia, perché a suo parere ci sono altri coinvolti. “Voglio sapere quante sono le persone che erano a conoscenza di quello che accadeva e non hanno parlato, quante sono coinvolte. Si deve venire a sapere tutto”. 

Ma quello che più gli fa rabbia è che le persone che fanno queste cose vivono il carcere in maniera diversa dagli altri criminali. “Io ci sono stato in cella – dice – Mi sono fatto dieci anni per vendita di cd contraffatti e per qualche piccola truffa. I pedofili sono trattati molto meglio. Io l’ho visto: hanno condizioni migliori degli altri detenuti. Non capisco perché danno il 41 bis a un camorrista e invece questi, che hanno fatto cose orrende, come se non peggio di quelli, possono passarsela così bene”. “I giudici devono essere inflessibili contro questi pedofili – continua Pietro Loffredo – e quel palazzo dove abitava la mia Chicca è una cosa schifosa. Hanno coperto l’assassino e violentatore di Chicca e chissà di quanti altri bimbi”.

Pietro Loffredo è padre di altri due bambini, un maschio e una femmina. “Chiedo che mi venga data la possibilità di lavorare per aiutarli a crescere”, dice. “Non voglio che i miei sforzi per portare avanti la famiglia mi riportino in carcere. Non voglio perderli di vista, così come ho perso di vista Fortuna”. Di recente, un imprenditore, per aiutarlo, gli ha regalato un carrettino per la vendita delle bibite: “Pietro non vuole il posto fisso – dice l’avvocato Angelo Pisani, legale della famiglia Loffredo – Gli basterebbe un’autorizzazione, una licenza, per avviare l’attività di venditore ambulante e tirare avanti”.

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