A Roma succede anche questo. Il commissario Tronca volendo far cassa si è servito di una delibera: la famigerata 140 che altro non è che un brutto pasticcio, un vero e proprio paradosso. La delibera 140 – provvedimento per la gestione e il riordino del patrimonio comunale – va a colpire duramente i beni comuni e gli spazi sociali destinati alla collettività non prendendo assolutamente in considerazione il recupero dei luoghi abbandonati. Vengono presi di mira solamente i luoghi riqualificati e riportati in vita da cittadini e da associazioni che costituiscono da anni un punto di riferimento importantissimo per il territorio.

Francesco Paolo Tronca 675

Questa delibera è un vero e proprio paradosso: da un lato riconosce l’esistenza di un “bene comune” preesistente e dall’altro lo vuole sgomberare proprio in virtù della creazione di un bene comune per la collettività. Roma capitale dunque, in base alla delibera della Giunta Capitolina 140 del 30 aprile 2015, vuole sgomberare realtà preziose per il territorio al fine di “sviluppare opportunità e servizi ai cittadini oltreché per la residenza pubblica, nel campo culturale, sociale, artistico, artigianale ed imprenditoriale”. Peccato che le associazioni che il comune vuole sgomberare si occupino proprio di questo: tutte le esperienze di auto-organizzazione attive negli spazi comunali producono di fatto un insostituibile welfare per la comunità.

In tutti i provvedimenti giunti alle varie associazioni si afferma come Roma capitale intenda “rilanciare – con forza e determinazione – la qualità del vivere urbano, nel rispetto della sostenibilità ambientale, coniugando, da un lato, l’obiettivo di valorizzare e recuperare la città esistente e, dall’altro, quello di promuovere e rafforzare il contributo del Terzo Settore e delle Associazioni in genere, anche attraverso la creazione di servizi, risorse, luoghi e strutture apposite, in grado di avviare processi di crescita culturale, di sviluppo economico ed innovazione, nonché di coesione sociale nella città, con riferimento anche ai quartieri più periferici…”.

La delibera dunque pretende di istituire beni comuni già esistenti e afferma che, per consentire la vita e lo sviluppo di tali beni essi vadano liberati e riacquisiti, cioè tornino di possesso esclusivo e non comune, prescindendo da quello che sono oggi realmente. Tra gli esempi più eclatanti di chiusura troviamo Il Grande Cocomero, una realtà straordinaria retta da volontari qualificati che si occupano gratuitamente di attività ricreative e artistiche rivolte ai minori con disturbi psichici. Nonostante l’affitto sia sempre stato pagato regolarmente e lo spazio sia divenuto un punto di riferimento preziosissimo per la città, Tronca lo vuole chiudere in nome della costruzione di un bene comune.

Con questo non è mia intenzione affermare che il Comune non debba controllare e rivalutare i propri spazi, anzi! E’ fondamentale però discernere tra le varie realtà e fare una valutazione dell’effettivo servizio offerto nel corso del tempo ai cittadini. Si deve ripartire da qui, tutelando e proteggendo queste realtà, orgoglio per la città. La completa riscrittura della 140 dovrà essere una priorità per la prossima amministrazione.

Articolo Precedente

Pakistan, in 260 morirono bruciati in fabbrica. Risarcimenti milionari richiesti al Rina: “Dette certificazioni di garanzia”

next
Articolo Successivo

25 aprile, sull’Appennino si prega per Mussolini ma non si dice. Dopo le critiche la messa sarà “solo per richiedenti”

next