Che la ricapitalizzazione della Banca popolare di Vicenza non fosse una passeggiata era evidente, ma gli ultimi sviluppi inducono a pensare che l’istituto è destinato a non sbarcare affatto in Borsa. Giovedì mattina il fondo Atlante, che è subentrato a Unicredit nell’impegno a sottoscrivere l’inoptato dell’aumento di capitale, ha infatti comunicato “l’estensione del proprio impegno di sottoscrizione (delle azioni Bpvi, ndr) in caso di mancata ammissione alle negoziazioni delle azioni ordinarie sul MTA e il conseguente venir meno dell’offerta”. Tradotto significa che Atlante è consapevole di essere sostanzialmente l’unico sottoscrittore dell’aumento di capitale e del fatto che il flottante non sarà sufficiente ad ammettere il titolo alle negoziazioni.

Secondo i precedenti accordi tra la Popolare di Vicenza e Unicredit, quest’ultima si impegnava a sottoscrivere interamente l’inoptato a condizione però che le azioni della Vicenza venissero regolarmente quotate sul mercato telematico. In caso contrario, Unicredit riteneva sciolto il vincolo. E fino a poche ore fa, la quotazione della Popolare di Vicenza era una delle conditio sine qua non anche per l’impegno del Fondo: tra le quattro condizioni sospensive indicate dal gestore Quaestio sgr, oltre alle autorizzazioni di rito e all’esenzione dall’obbligo di Opa sulla Vicenza, vi era anche “il fatto che, anche in considerazione di quanto previsto nel regolamento del Fondo Atlante (e di seguito specificato), ad esito del completamento dell’Offerta, le azioni ordinarie della Società siano diffuse in modo tale da assicurare un flottante valutato come adeguato da Borsa Italiana”. Poche ore dopo Quaestio sgr evidentemente deve aver modificato il regolamento del Fondo ed esteso il proprio impegno per evitare il fallimento dell’operazione. Nel frattempo Atlante ha superato l’obiettivo dei 4 miliardi di raccolta e ha avanzato alla Consob la richiesta di esenzione dall’obbligo di Opa per effetto della sottoscrizione delle azioni Bpvi, società della quale si appresta a divenire socio pressoché unico.

Intanto la Popolare di Vicenza ha ottenuto il sospirato via libera dell’authority di vigilanza del mercato al prospetto informativo, uno dei più corposi di sempre: 950 pagine. Una lettura lunga ma istruttiva, da cui emergono tante novità. Tra queste c’è il fatto che “metà dei consiglieri di amministrazione” della banca attualmente in carica “sono tra i destinatari dei rilievi formulati dalle Autorità di Vigilanza nei confronti degli organi di amministrazione e di controllo della Banca” e la Bce ha evidenziato “come l’attività svolta dal Collegio Sindacale sia stata scarsa” e che “tale organo non abbia avuto un ruolo proattivo”.

Quanto alla Consob, la Commissione ha avviato sei procedimenti sanzionatori nei confronti di esponenti (attuali ed ex) dell’istituto in seguito all’ispezione condotta tra aprile 2015 e febbraio 2016. Molteplici le contestazioni, di cui risponde in solido anche la banca: si va dalle irregolarità nella definizione dei profili di rischio dei clienti ai finanziamenti per l’acquisto delle proprie azioni, dalla gestione degli ordini di vendita da parte dei soci alla determinazione del prezzo delle azioni della banca. Destinatari di cinque dei sei procedimenti sanzionatori sono i componenti del cda, del collegio sindacale, della direzione generale e il responsabile della funzione di controllo in carica all’epoca dei fatti contestati (che spaziano tra l’aprile del 2011 e l’aprile del 2015), oltre ad altri dipendenti che hanno avuto un ruolo attivo nelle condotte illecite.

Uno dei procedimenti sanzionatori avviati dalla Consob è invece indirizzato alla sola banca per “omissioni, inesattezze o ritardi… nella diffusione di informazioni concernenti” la determinazione del prezzo delle azioni, gli esiti degli aumenti di capitale del 2013 e del 2014 e le dichiarazioni sull’allargamento della compagine sociale.  Ma non basta: sotto i riflettori della Commissione c’è anche il rapporto tra Popolare di Vicenza e Cattolica Assicurazioni anche in relazione ai passati aumenti di capitali ed emissioni obbligazionarie. Nel prospetto la banca vicentina è costretta ad evidenziare tra i fattori di rischio anche il valore di bilancio della partecipazione del 15% che detiene in Cattolica: 394,7 milioni di euro, cui corrisponde un valore di carico delle azioni di 15 euro. In Borsa le azioni Cattolica quotano invece poco più di 6 euro e la minusvalenza potenziale per Popolare di Vicenza è vicina al 60%.

Per le violazioni degli obblighi della Mifid, per il finanziamento per l’acquisto di azioni proprie, per il riacquisto di azioni senza rispettare l’ordine cronologico delle richieste dei soci, per le modalità di determinazione del prezzo delle azioni e per tante altre violazioni di legge riscontrate dagli ispettori Bce e Consob, la Banca Popolare di Vicenza ritiene che potrebbero sorgere ulteriori contenziosi “in grado di influire negativamente, anche in modo rilevante, sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del Gruppo BPVi, nonché sulla sua reputazione”. Quanto ai contenziosi già in atto promossi da soci e clienti tra il 2015 e il marzo 2016, sono già stati depositati 4.752 reclami per una richiesta complessiva di 1 miliardo di euro di risarcimenti a fronte di un accantonamento effettuato dalla banca a fondo rischi di 489 milioni. Oltre ai contenziosi in essere e a quelli che potranno sorgere, Popolare Vicenza dovrà fare i conti con le sanzioni amministrative e con la giustizia penale, ma non sono solo questi gli elementi di grande criticità.

E’ sotto il profilo della liquidità che la situazione della banca è drammatica: “Il capitale circolante di cui dispone il Gruppo BPVi alla Data del Prospetto, inteso quale cassa e altre risorse liquide disponibili” è “insufficiente per i suoi fabbisogni finanziari e di liquidità correnti, nell’ipotesi che le operazioni di raccolta in scadenza non vengano rinnovate e che l’Aumento di Capitale non venga perfezionato”. A fine 2015, l’indice di liquidità di breve termine era al di sotto dei minimi regolamentari ed è stato riportato al di sopra grazie a “iniziative di funding, alcune delle quali connotate dal carattere eccezionale nonché da particolare onerosità per la Banca”. Tra le misure di funding “straordinarie” vengono indicate due operazioni aventi come controparti due banche del consorzio di collocamento. La prima è un ‘repo‘ concluso con Jp Morgan avente come sottostante una cartolarizzazione di mutui residenziali, che ha prodotto “un effetto netto di liquidità di circa 333 milioni”. La seconda è un’operazione di secured financing con Deutsche Bank “per 95 milioni di liquidità incrementale” avente come sottostante tranche junior/senior senza rating di cartolarizzazioni SMEs (piccole e medie imprese).

Letto il prospetto, è facile capire come mai non ci sia la fila a sottoscrivere le azioni dell’offerta pubblica che si chiuderà il 28 aprile e come anzi – se non ci fosse l’intervento di Atlante – la banca sarebbe destinata sicuramente a finire in procedura di risoluzione con conseguente bail-in. Tuttavia, l’aumento di capitale e il tentativo di quotazione della Vicenza (che probabilmente abortirà) sono un ottimo affare per le banche che partecipano al consorzio di collocamento. Il premio è di 60 milioni di euro “in caso di integrale sottoscrizione”, premio che intascheranno senza sforzo dato che a metterci i soldi garantendo l’inoptato è il Fondo Atlante. La banca stima inoltre altri 15,5 milioni di euro di costo per “le spese relative al processo di quotazione della società e all’offerta globale”, comprese “le spese promozionali e pubblicitarie”, mentre nel prospetto sono coperte da “omissis” le commissioni richieste da Unicredit per prestare la sua garanzia alla sottoscrizione dell’inoptato, “omissis” dovuto probabilmente al fatto che l’istituto di Piazza Gae Aulenti si è poi sfilato dall’operazione.

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