Il comune di Brescello è stato sciolto dal governo per infiltrazioni mafiose ed è il primo caso in Emilia-Romagna. La decisione – annunciata da un comunicato della Lega Nord Emilia-Romagna – è stata presa dal Consiglio dei ministri che si è riunito mercoledì mattina 20 aprile, e arriva dopo una lunga ispezione iniziata nell’estate 2015 da parte di una commissione d’accesso nominata dalla prefettura di Reggio Emilia che ha passato al setaccio 15 anni di amministrazione comunale. Una volta disposto il decreto da parte del Presidente della Repubblica e la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale il comune sarà retto per 18 mesi da una triade di commissari. Saranno quindi annullate contestualmente le elezioni comunali previste per il prossimo 5 giugno.

Lo scioglimento era stato anticipato a fine gennaio dalle dimissioni dal sindaco Marcello Coffrini, eletto con una lista civica appoggiata dal Pd. L’amministratore, a settembre 2014, definì Francesco Grande Aracri, condannato per ‘ndrangheta (e fratello di Nicolino, considerato dai pm boss dell’omonima cosca di Cutro) uno “educato”, “molto composto”. “Parlando con Francesco uno ha la sensazione di tutto meno che sia quello che dicono che è”, spiegò alle telecamere della web tv Cortocircuito che ripresero tutto, compreso l’incontro a quattrocchi tra il primo cittadino e il pregiudicato, da tempo residente nel paese in riva al Po. Ne seguì una bufera mediatica di polemiche sul sindaco, ma inizialmente la direzione provinciale del Partito democratico non ne chiese le dimissioni. Dimissioni poi arrivate da parte di Coffrini a fine gennaio 2016, dopo che il caso di quella intervista era stato riportato alla ribalta da Beppe Grillo ai tempi delle indagini della Dda per le presunte infiltrazioni mafiose nel comune di Quarto.

All’interno della lunghissima relazione stilata dai commissari che ispezionarono gli atti dell’amministrazione, ci sarebbero anche molte vicende della vita amministrativa della cittadina emiliana. Vicende che, pur non essendo dei reati e non avendo rilevanza penale, segnalerebbero un possibile condizionamento. “Nella relazione sono, altresì, indicati gli appalti, i contratti e i servizi interessati dai fenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comunque connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica”, scrive la legge su cui si basa la procedura di scioglimento.

La relazione è segretata da mesi, ma due di queste vicende furono riportate dai giornalisti di Telereggio. Una è la delocalizzazione avvenuta oltre dieci anni fa che trasferì diritti edificatori residenziali da una zona del paese a un’altra. Lo spostamento avrebbe favorito lo sviluppo del quartiere che da tutti viene chiamato Cutrello, ribattezzato così per la folta presenza di residenti originari di Cutro. E secondo gli autori della relazione, a beneficiare di quella delocalizzazione sarebbero stati soggetti vicini alla cosca Grande Aracri e proprietari delle aree.

La seconda vicenda sarebbe avvenuta in anni più recenti. Un’area di Brescello venne acquistata da una ditta con sede a Cutro, i cui titolari sono legati da parentela a Francesco Grande Aracri. L’area era a destinazione produttiva, ma una variante l’avrebbe trasformata in area commerciale. Dopo la trasformazione la ditta cutrese avrebbe venduto l’area (con un enorme guadagno, visto il cambio di destinazione) a una ditta di Piacenza che lì ci costruirà un supermercato.

Lo scioglimento per infiltrazioni mafiose è nuovo in regione. Anche un altro comune dell’Emilia, Finale aveva rischiato nei mesi scorsi lo scioglimento, ma in quel caso il ministro dell’interno aveva dato parere negativo e l’amministrazione di Fernando Ferioli era rimasta in piedi. Al nord invece la situazione non è nuova: negli ultimi anni sono stati sciolti un comune in Lombardia, due in Piemonte e uno in Liguria.

 

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Brescello sciolto per mafia, la dinastia di sinistra dei Coffrini e il condizionamento del clan delle “persone perbene”

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