Perché in Germania il coniuge più forte, nel caso in cui si separi o divorzi, deve corrispondere un assegno di mantenimento per un periodo limitatissimo (1 anno) o in Olanda poco di più (3 anni) e in Italia invece l’assegno può essere vita natural durante?

Perché in Germania e in Olanda l’affidamento condiviso dei figli, con tempi, gestione e contributo economico paritetici ed effettivi, è la regola assoluta mentre da noi in Italia è sempre un “falso” condiviso in cui uno dei genitori diviene nell’ordine assoluto dominus incontrastato: genitore “collocatario” (mera invenzione delle corti di giustizia non corrispondente ad alcuna norma) che consente di gestire (e dunque di decidere realmente su quasi tutto) il figlio per l’85% del tempo; percettore di mantenimento (se coniugato anche per se stesso, altrimenti solo del figlio e a volte sin oltre la maggiore età di questi) senza che debba rendicontare alcunché e calcolato con l’abuso di vari parametri (tenore di vita, reddito, durata del rapporto, etc.) mescolati con fantasia alla stregua di un cocktail che varia a seconda del barman (potendo dunque incidere sul 20% ma anche sull’80% del reddito); titolare vita natural durante del diritto di godimento esclusivo della “casa coniugale” (mentre altrove, nei paesi occidentali seri, la casa coniugale viene messa subito in vendita).

madre e figlia

Perché in moltissimi paesi angloamericani e dell’Unione Europea sono pienamente legittimi i patti prematrimoniali che consentono ai conviventi/coniugi di regolamentare i propri rapporti durante la relazione e soprattutto dopo l’interruzione di essa, al fine di stabilire in modo chiaro le “regole del gioco” (o le condizioni negoziali, a seconda della prospettiva) al fine di evitare colpi sotto la cintola e di trasformare il dopo in un ring senza limite al numero ed alla durata delle riprese?

Perché altrove accade tutto ciò mentre da noi interrompere una convivenza more uxorio, giungere ad una separazione e ad un divorzio diviene una vera e propria roulette russa, in cui come nel film “Il cacciatore” non saprai fino alla fine se la pistola contiene la pallottola fatale?

La risposta è molto semplice. Perché altrove il principio di uguaglianza tra conviventi/coniugi, la bigenitorialità, il diritto genitoriale, il rispetto della vita familiare, l’illecito e il reato “familiare”, l’equità sono principi fondamentali dotati di sacralità, non principi stereotipati e svuotati di contenuto come da noi. In Italia uno dei due conviventi/coniugi è diverso dall’altro. Diverso perché è sempre considerato vittima a prescindere. Debole, da proteggere come un Panda. L’altro è sempre reo a prescindere. E’ come se su una gara dei 100 metri uno dei due partisse dai 60 metri. Una gara falsata. Dunque interessa poco che il concorrente sia pure dopato.

Una cappa culturale, ideologica, giuridicamente aberrante (perché non corrispondente al dettato delle norme interne, né soprattutto ai principi comunitari) quella di porre i conviventi/coniugi, al momento della rottura del rapporto, su piani differenti. Eppur si muore. Si muore a colpi di decreti, ordinanze, sentenze che depauperano le sostanze (affettive e materiali), nel nome di cocktail creati e agitati in modo stereotipato.

Nel calderone dell’insipienza, nel girone dantesco v’è di tutto. Esseri viventi obbligati a pagare mantenimenti sproporzionati al proprio reddito, sino a divenire homeless. Coniugi pluricornificanti che ottengono separazione con addebito, casa, mantenimento e figli. Genitori alienanti per anni che trattano figli come ostaggi sequestrati, con o senza riscatto. Coniugi che appena si separano dissimulano il proprio reddito cadendo in un improvviso stato di povertà, da eremiti. Conviventi/coniugi che si macchiano degli illeciti più aberranti che neanche scalfiscono la coscienza dei giudici. Stati di adottabilità realizzati alla stregua di vere e proprie sottrazioni di diritti fondamentali. Situazioni incancrenite da anni perché i tempi della giustizia non coincidono col rispetto di diritti fondamentali. Avvocati, consulenti e assistenti sociali talmente di parte da confonderli con i contendenti.

Tutto questo da noi è ancora permesso. Altrove no. Ci sono però segnali di inversione di rotta, con significative pronunce da parte delle Corti di giustizia (da ultimo Cass, sez. I, 8 aprile 2016, n. 6919 che statuisce come alla Pas, sindrome di alienazione parentale, i giudici debbano prestare attenzione) e decise prese di posizione (protocollo Trib. Torino 15.3.16) quanto alla cialtronesca discussione (che solo in Italia avrebbe potuto trovare terreno di coltura) inerente la distinzione tra spese (di mantenimento) ordinarie e straordinarie. Da noi infatti non basta un aggettivo a qualificarle (straordinarie sarebbe ovviamente solo tutto ciò che è imprevedibile e non ordinario). Non basta perché da noi tutto è incerto. Al pari dei diritti.

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