“Troppe volte non vi abbiamo accolto! Perdonateci”. È il mea culpa che Papa Francesco ha rivolto ai rifugiati dopo il viaggio lampo nell’isola di Lesbo dove ha visitato il campo profughi di Moria. “Io inviterei i fabbricanti e i trafficanti di armi – aveva detto Bergoglio al termine della visita – a passare una giornata in quel campo e credo che per loro sarebbe salutare”. In un videomessaggio per il 35esimo anniversario del Centro Astalli per i rifugiati il Papa afferma: “Perdonate la chiusura e l’indifferenza delle nostre società che temono il cambiamento di vita e di mentalità che la vostra presenza richiede. Trattati come un peso, un problema, un costo, siete invece un dono. Siete la testimonianza di come il nostro Dio clemente e misericordioso sa trasformare il male e l’ingiustizia di cui soffrite in un bene per tutti. Perché ognuno di voi può essere un ponte che unisce popoli lontani, che rende possibile l’incontro tra culture e religioni diverse, una via per riscoprire la nostra comune umanità”.

Ai volontari e agli operatori del Centro Astalli, gestito dai gesuiti, il Papa ha chiesto di “continuare con coraggio” ad accogliere i rifugiati. Un’attività che in 35 anni di vita “è stata – per Bergoglio – prima di tutto un camminare insieme, come un unico popolo. E questo è bello e giusto!”. “Ognuno di voi, rifugiati – ha sottolineato Francesco – che bussate alle nostre porte ha il volto di Dio, è carne di Cristo. La vostra esperienza di dolore e di speranza ci ricorda che siamo tutti stranieri e pellegrini su questa terra, accolti da qualcuno con generosità e senza alcun merito. Chi come voi è fuggito dalla propria terra a causa dell’oppressione, della guerra, di una natura sfigurata dall’inquinamento e dalla desertificazione, o dell’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, è un fratello con cui dividere il pane, la casa, la vita”. L’invito di Bergoglio è ad “aiutare la nostra società ad ascoltare la voce dei rifugiati. Continuate a camminare con coraggio al loro fianco, accompagnateli e fatevi anche guidare da loro: i rifugiati conoscono le vie che portano alla pace perché conoscono l’odore acre della guerra”.

Tornando a Roma dopo la visita a Lesbo, Francesco ha voluto portare con sé sul volo papale tre famiglie di rifugiati provenienti dalla Siria, 12 persone in tutto, di cui 6 minori, tutti musulmani. “Tutti con i documenti in regola”, come ha chiarito lo stesso Bergoglio con i giornalisti. Due famiglie vengono da Damasco e una da Deir Azzor, che è nella zona occupata dal Daesh. Le loro case sono state bombardate. L’accoglienza e il mantenimento delle tre famiglie sono a carico del Vaticano, mentre l’ospitalità iniziale è garantita dalla Comunità di Sant’Egidio. Un gesto che segue i tanti appelli in favore dei migranti che il Papa sta ripetendo fin dall’inizio del suo pontificato: dal primo viaggio a Lampedusa alla lavanda dei piedi a 12 profughi ospiti del centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto.

Ma da Lesbo Francesco, “implorando una soluzione per questa grave crisi umanitaria”, ha rivolto anche un appello all’Europa: “Possano tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in questo continente, come il buon samaritano, venirvi in aiuto in quello spirito di fraternità, solidarietà e rispetto per la dignità umana, che ha contraddistinto la sua lunga storia”. E nella dichiarazione congiunta firmata con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e con il Primate della Chiesa ortodossa greca Ieronymos, i tre leader religiosi hanno esortato “tutti i Paesi, finché perdura la situazione di precarietà, a estendere l’asilo temporaneo, a concedere lo status di rifugiato a quanti ne sono idonei, ad ampliare gli sforzi per portare soccorso e ad adoperarsi insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per una fine sollecita dei conflitti in corso”.

Twitter: @FrancescoGrana

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