Il tentativo di sabotare il referendum contro le trivelle promuovendo l’astensione, portato avanti in questa vigilia elettorale da Renzi, Napolitano ed altri, non è solo quello di fare l’ennesimo  favore alle multinazionali energetiche, che, qualora non si raggiungesse il quorum, potranno continuare ad estrarre dal nostro mare petrolio e gas a condizioni eccezionalmente favorevoli, addirittura indegne di un Paese economicamente avanzato. Non è solo quello di regalare a tali multinazionali settori importanti del mare, sottratti a destinazioni ben più compatibili con la sua salvaguardia ambientale. Non è solo quello di rinunciare a imprimere un nuovo slancio alle energie da fonti rinnovabili, che si accompagna alla decisione, adottata da questo governo nel giugno 2014 con il cosiddetto decreto competitività, di ridurre gli incentivi per la produzione da tali fonti.

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E’ molto di più e di peggio. E’ il tentativo di minare la fiducia del popolo negli strumenti democratici previsti dalla Costituzione repubblicana. Si tratta quindi di un vero e proprio attentato alle basi dell’ordinamento democratico, attuato  mediante la diffusione subdola e strisciante della frustrazione e della convinzione che tanto votare non serve a niente. E’ lo stesso sentimento antidemocratico e profondamente dannoso e pericoloso per il futuro della nostra società che sostiene la diffusione di tesi sul fatto che “i mercati votano”. La stessa arrogante e antidemocratica pretesa delle istituzioni europee e dei poteri forti che le controllano che ha indotto il governo greco a rinnegare di fronte al suo popolo il referendum che aveva appena votato a maggioranza. In nome di questa stessa logica antidemocratica il governo ha tentato del resto di svuotare di ogni significato un referendum, come quello per l’acqua pubblica, che aveva visto il prevalere a grande maggioranza della tesi favorevole all’affermazione del suo carattere di bene comune. Insomma, la vera antipolitica, la riduzione della politica alle esigenze dei poteri economici e l’annullamento dei diritti di ogni genere della cittadinanza.

La verità è che ogni referendum ha, oltre al suo significato letterale ed immediato, un significato ben più importante dal punto di vista simbolico, come ricordava qualche giorno fa Azzariti sul manifesto. Istituzioni e governi sensibili e attenti agli orientamenti dell’opinione pubblica e alla democrazia nel senso più completo e vero del termine ne tengono conto. Istituzioni e governi sensibili e attenti agli interessi dei poteri forti e comunque desiderosi di tenersi le mani libere  non ne tengono conto affatto. Ma così facendo danno colpi di piccone irreversibili e gravissimi alla stessa democrazia.

Venerdì sera ho effettuato per due ore un volantinaggio per il sì al referendum nei pressi di una stazione della metropolitana romana, distribuendo cinquecento copie di un volantino. Non poche persone prendevano il volantino ed esprimevano con un certo entusiasmo la loro volontà di votare e votare sì. Altre, molte di meno, tre o quattro in tutto forse, dichiaravano che avrebbero votato no. Le rimanenti non prendevano il volantino, ostentando disinteresse e in alcuni casi fastidio. Comunque abulia. E’ su questa abulia che puntano i lugubri aspiranti seppellitori della democrazia italiana. Ma nessuno Stato, nessuna società può prosperare o anche solo sopravvivere degnamente sulla base dell’abulia e dell’indifferenza dei cittadini. Un’abulia che dovrebbe tradursi, secondo i desideri, che resteranno con ogni probabilità tali, di Renzi e della sua cricca, nell’avallo al suo disegno di svuotamento autoritario della democrazia costituzionale contenuto nella cosiddetta riforma che respingeremo a grande maggioranza in autunno. E’ però estremamente improbabile che in tale caso il giochino gli riesca.

Stanno invece facendo di tutto per far sì che l’abulia prevalga domenica 17 aprile contrastando l’afflusso alle urne, a cominciare dalla decisione di non abbinare la consultazione referendaria alle elezioni amministrative, che ha un costo enorme per i bilanci pubblici specie in tempi di spending review. Per continuare con la  scandalosa condotta degli strumenti informativi pubblici che di questo referendum ha parlato poco e male, diffondendo addirittura, mediante taluni suoi vergognosi mezzibusti, vere e proprie menzogne relativamente alla portata della consultazione. Per finire con il tentativo di limitare la raccolta di firme per gli altri referendum durante questo fine settimana, rintuzzato solo dalla pronta reazione dei giuristi democratici grazie al ricorso presentato dall’avvocato Adami e accolto dal Tar.

Trentuno anni fa la Corte di Cassazione ebbe a sostenere l’illiceità dell’invito ad astenersi, proveniente da parte di persona investita di pubblico potere, condotta sanzionata penalmente dall’art. 98 del testo unico sulla legge elettorale. Pare che il presidente del Consiglio dei ministri sia investito di un potere di questo genere, anche se dalla sua condotta concreta si evince che preferisce i poteri privati. I promotori dell’astensione, qualora rivestano detti poteri, dovrebbero essere, sulla base di tale disposizione, condannati alle pene previste  (reclusione da sei mesi a tre anni e multa da lire 600.000 a lire 4.000.000). Sarebbe ad ogni modo estremamente opportuno che prendessero una bella sberla da un afflusso massiccio e consapevole alle urne domani. Almeno questo dipende da tutti noi.

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