La Val D’Agri non sarà la nuova Terra dei Fuochi. A dirlo è Gianfranco Tersitani, medico ordinario di Igiene generale e applicata dell’Università La Sapienza di Roma, uno dei componenti del team di specialisti che ha indagato, con uno studio, sullo stato della salute dei lavoratori Eni del Centro olio di Viggiano (in provincia di Potenza). Accusata di essere la maggiore responsabile dell’elevata incidenza di tumori nella zona, la multinazionale ha declinato ogni responsabilità. Nei giorni scorsi tra l’altro l’azienda aveva acquistato intere pagine sui principali quotidiani nazionali per difendersi, dichiarando la propria attenzione al rispetto delle norme a tutela della salute. “Le evidenze di oggi ci danno tranquillità”, afferma Massimo Mantovani, capo dell’ufficio legale Eni.

Nelle sue attività al Centro Oli di Viggiano, al centro dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata, l’Eni ha sempre agito “nel pieno rispetto della legge”, “tutte le operazioni” in materia di “qualità dell’ambiente, corrette procedure di reiniezione e stato di salute dei dipendenti”. I risultati degli approfondimenti tecnici e scientifici “condotti da consulenti di fama internazionale” sono stati depositati in giudizio e faranno parte della discussione al Tribunale del Riesame del 15 aprile, quando Eni chiederà il dissequestro di due vasche del Centro Oli e del pozzo di reiniezione “Costa Molina 2” di Montemurro. La compagnia petrolifera sosterrà che “tutte le operazioni di Eni sono sempre state condotte nel pieno rispetto dei requisiti normativi e autorizzativi”.

Secondo i dati raccolti da AdnKronos Salute, lo studio storico sullo stato di salute dei dipendenti ha riscontrato “una sostanziale buona salute per il 90% dei dipendenti Eni che hanno operato o operano ancora nel Centro Olio Val d’Agri (Cova) di Viaggiano”. L’analisi condotta da un team di specialisti indipendenti ha esaminato 688 cartelle cliniche dei dipendenti Eni (del Centro e di chi ha lavorato esclusivamente nei pozzi) che hanno prestato servizio nel periodo compreso tra il 1999 e il 2015. “Abbiamo esaminato – precisa Tersitani – un primo cerchio di persone più esposte, i lavoratori. Lo studio ha esaminato per un periodo di 15 anni un gruppo corposo di operatori controllato ogni sei mesi e ogni anno, e il dato anamnestico non ha messo in evidenza situazioni di cronicità e tumori correlabili all’attività lavorativa. Ci proponiamo di ampliare lo studio alla popolazione residente, ma in questo momento le evidenze negano un rischio per la popolazione. Certo non bisogna abbassare la guardia ma – conclude – è stata dimostrata la buona qualità dell’ambiente della Val d’Agri”. Rispetto alle analogie con i casi della Terra dei Fuochi e dell’Ilva di Taranto, il medico ha specificato: “Non è la stessa situazione per diversi motivi. Il Centro olio Val d’Agri dell’Eni non è una raffineria, ma è un sistema estrattivo. In secondo luogo è chiaro che questa operazione può portare al rischio di esposizione a sostanze chimiche, però c’è un monitoraggio ormai storico e continuo, e noi consulenti ci siamo affiancati per rivalidare, come garanti indipendenti, la mancanza di emissioni pericolose. E l’abbiamo provato”.

L’analisi delle cartelle dei dipendenti al Centro Olio e nelle aree pozzo ha evidenziato sei casi di tumore, tutti non correlabili ai fattori di rischio nell’impianto. Anche la qualità dell’aria appare caratterizzata da livelli di concentrazione che si attestano su valori significativamente inferiori ai rispettivi limiti normativi. In particolare, emerge che i valori sono in linea con quanto registrato dalle centraline Arpab ed Eni previste dal piano di monitoraggio ambientale.

Sull’inchiesta della Procura il legale Mantovani sottolinea invece che “l’istanza del riesame sul sequestro sarà discussa venerdì. Oggi era importante dare notizia delle evidenze scientifiche che prescindono dal procedimento giudiziario ma che ovviamente saranno utili. Queste verifiche, aggiuntive rispetto a quelle che normalmente si fanno, sono importanti e saranno discusse in piena cooperazione e trasparenza con la magistratura”. I dati “sono rassicuranti”.

Le indagini, fanno sapere i medici, sono state svolte senza il coinvolgimento del personale Eni per assicurarne la totale indipendenza. Gli approfondimenti sulla qualità delle acque, infine, forniscono un quadro per cui nelle acque di produzione, sia in quelle reiniettate in giacimento sia in quelle smaltite come rifiuto liquido che in quelle di contro-lavaggio, il contenuto di acqua rilevato e sempre prossimo al 99 per cento. Eni ribadisce che salute, sicurezza e ambiente sono la priorità assoluta dell’azienda. Un impegno confermato dagli investimenti, si sottolinea, che, solo in Italia, dal 2009 al 2015, sono stati pari a 6,1 miliardi di euro in salute, ambiente, sicurezza e bonifiche, con in previsione per i prossimi 4 anni ulteriori 3,4 miliardi.

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