Ma quali controlli preventivi sulle liste elettorali. Gli “impresentabili” possono dormire sonni tranquilli. Perché stavolta le verifiche della Commissione antimafia sui candidati che correranno alle prossime amministrative del 5 giugno saranno ridotti all’osso. Motivo: non ci sono i tempi tecnici per passare in rassegna gli almeno 150 mila nomi che affolleranno le schede elettorali nei circa 1.400 comuni chiamati al voto. Per non parlare degli strumenti a disposizione. “Che non ci consentono di fare questo lavoro e qualunque campionamento sarebbe stato arbitrario”, spiega la presidente dell’organismo parlamentare bicamerale Rosy Bindi.

Una situazione che, però, non impedirà alla commissione di scandagliare minuziosamente ed effettuare uno screening dettagliato su tutti i municipi sciolti per mafia, su quelli precedentemente sciolti per infiltrazioni della criminalità organizzata e mai tornati al voto (come Platì) e, infine, su quelli in regime di commissariamento ordinario e che hanno visto aprire nei loro confronti la procedura prefettizia per commissione d’accesso. Una lista di una decina di comuni, Roma compresa. “Su queste realtà faremo una relazione che andrà oltre l’applicazione del Codice – assicura la Bindi –. Vogliamo acquisire informazioni che vadano oltre il semplice dato giudiziario legato al carico pendente dei reati”.

La presidente non spiega in che modo. Ma un esempio sorge spontaneo. Il fatto che un candidato abbia precedenti penali per porto abusivo di armi – che non è un reato direttamente riconducibile al fenomeno mafioso – va valutato diversamente da luogo a luogo. Di certo, dopo le roventi polemiche sulla vicenda della candidatura di Vincenzo De Luca, inserita dalla Commissione antimafia nella lista degli “impresentabili” e finita con la querela (poi archiviata) dell’attuale governatore della Campania nei confronti di Rosy Bindi, l’Antimafia torna di nuovo alle prese con le candidature in vista delle amministrative. E lo farà stavolta sulla base degli indirizzi che la presidente della commissione ha ricevuto mandato di mettere a punto nella relazione (sulla quale “c’è sostanziale unanimità”, assicura) e che porterà a breve al voto dell’organismo da lei presieduto. Una relazione nella quale si pone l’accento su due aspetti di particolare rilevanza. “Due dati di fatto che sono per noi segno di particolare preoccupazione: sono proprio le amministrazioni locali il primo varco delle mafie nelle pubbliche amministrazioni, nei rapporti con la politica e anche nell’economia – prosegue la Bindi –. Quindi il nostro allarme è particolarmente forte. Si va a votare in molte realtà nelle quali le mafie hanno dimostrato di essere luoghi di insediamento”. Fermo restando, aggiunge la presidente, che “le regole sulle incandidabilità devono essere più stringenti di quelle che ci sono adesso”.

Con un’ulteriore avvertenza: “Il fatto che stavolta non riusciamo a fare un lavoro” a tappeto “non vuol dire che non sia tra i nostri compiti”. Un lavoro che “potremmo fare se avremo i tempi per farlo”, avverte: “Abbiamo bisogno di più elementi e la collaborazione delle prefetture e della Direzione antimafia è il presupposto”.

Ma non è tutto. La Bindi ha invocato anche un provvedimento urgente dell’esecutivo per porre rimedio ad alcune criticità di sistema particolarmente rischiose nei territori a maggior allarme mafioso. “Il governo avrebbe il tempo per sanare alcune situazioni”, ha aggiunto. Perché “al di là degli strumenti che l’Antimafia possiede, le istituzioni del Paese non hanno gli strumenti anche solo per applicare la Severino”. Manca, per esempio, “un casellario giudiziario dei carichi pendenti, manca una banca dati candidati, degli eletti e della loro situazione giuridica”. Senza contare i tempi strettissimi (48 ore) a disposizione delle commissioni elettorali “per valutare le autocertificazioni dei candidati” che, suggerisce la Bindi, “andrebbero sostituite” con i certificati penali, elevando “a una settimana” il termine a disposizione delle stesse commissioni per effettuare le verifiche.

E non basta. “A differenza delle elezioni politiche e regionali, per le comunali non è prevista la presenza di un magistrato nelle commissioni elettorali per gli enti locali – aggiunge la presidente dell’Antimafia –. Noi ne richiediamo la partecipazione”. Senza contare “l’obbligo che il presidente di seggio sia del Comune dove si tengono le elezioni”. Un obbligo che, conclude la Bindi, “in alcune realtà è un’istigazione alla complicità”. Un rodaggio, insomma, che un decreto di qualche articolo basterebbe ad effettuare.
Twitter: @Antonio_Pitoni

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