La Banca d’Italia sta conducendo un’ispezione negli uffici italiani della Bank of China (BoC), accusata dalla magistratura di Firenze, insieme a 297 persone in gran parte cinesi, di riciclaggio per oltre 4,5 miliardi di euro trasferiti dall’Italia alla Cina tra il 2006 e il 2010. Lo riporta l’agenzia Reuters, secondo cui dai documenti della Procura di Firenze risulta che parte dell’inchiesta ‘Fiume di denaro’ si concentra sui rapporti tra la banca statale cinese e il money transfer Money2Money, ora non più in attività, che dominava il mercato delle rimesse dall’Italia alla madrepatria. Il giudice di Firenze deve esprimersi sull’eventuale rinvio a giudizio.

La fonte di Reuters spiega che l’ispezione, iniziata alcuni giorni fa e ancora in corso, rientra nell’indagine fiorentina, anche se la banca ha smentito il legame e nel pomeriggio anche via Nazionale ha fatto sapere che si tratta di “un’ispezione di routine“. BoC sta fornendo “piena cooperazione” all’autorità di supervisione italiana, spiega la banca in una risposta scritta all’agenzia, sottolineando che l’ispezione fa parte di procedure che si attivano ogni tre-cinque anni e che riguardano tutti i settori dell’attività e della gestione dell’istituto. “Non è collegata alla vicenda Money2Money”, sostiene BoC, non fornendo ulteriori dettagli sulla natura dell’ispezione.

L’inchiesta ipotizza che il denaro, frutto tra l’altro di attività di contraffazione, sfruttamento di lavoro illegale ed evasione fiscale, sia stato inviato in Cina e suddiviso in piccole somme in modo da sfuggire ai controlli. Metà dell’importo, circa 2,2 miliardi, sarebbe transitato attraverso la filiale milanese di Bank of China. Bank of China ha sempre negato qualsiasi addebito.

Tra il 2008 e il 2009 l’Unità di informazione finanziaria della Bankitalia (Uif), l’autorità di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, ha identificato centinaia di transazioni sospette dall’Italia alla Cina gestite da Money2Money. Una parte di queste è transitata attraverso BoC. Finora Bankitalia non ha imposto sanzioni all’istituto cinese e ai suoi dirigenti.

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