Sarà nelle sale dal 13 aprile il nuovo lavoro di Rose Bosch. Aveva già diretto Jean Reno in una storia sui rastrellamenti degli ebrei a Parigi, ma ora il divo d’Oltralpe interpreta un burbero nonno di campagna alla scoperta dei suoi tre nipoti

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Nata insieme al cinema (non è per dire: classe 1895, si registra come la prima casa di produzione in assoluto) la Gaumont stavolta ci porta un potpourri di umorismo e baruffe familiari, amori contrastati e paesaggi da buen ritiro con Un’estate in Provenza. La nonna sprint interpretata da Anna Galiena porta senza preavviso i suoi tre nipoti parigini a passare la bella stagione a casa sua, nella regione più “mediterranea” di Francia. Sua figlia si sta separando, ma il problema più grosso è che ha interrotto i rapporti con il padre da quasi vent’anni, giusto il tempo di mettere al mondo e crescere un giovane tombeur de femmes, un’adolescente avviluppata tra velleità vegano/ambientaliste e il sogno del primo amore, più un bambino sordo, probabilmente quello che ascolta meglio.

Il ruolo del nonno lo gioca con garbo e ironia Jean Reno, ma sotto la scorza di un ex-Léon si troverà ben altro. Il suo personaggio in certi tratti somiglia al nonno di Heidi, ma coltiva ulivi, produce olio e brinda spesso al bar del paese insieme a una truppa di amici goliardici. Quanto alla Galiena, la sua nonna un po’ chioccia, un po’ fedele amante trentennale e un po’ moderatrice tra nipoti e marito avrà diverse gatte da pelare. L’attrice romana sembra molto più a suo agio nel cinema francese che in quello italiano, brilla in fantasia e coinvolgimento in un ruolo che le calza come un guanto. Le componenti ci sono tutte per un cocktail dal vago retrogusto all’happy-ending che parte dalla locandina. Ma attenzione a shakerarle tutte insieme. Cosa scatenerà l’ospitata a sorpresa dei tre nipoti di Reno mai conosciuti a causa di un vecchio e assurdo litigio?

Ammantata da una colonna sonora un po’ piaciona con selezione di classicissimi da Simon & Garfunkel in poi, la sceneggiatrice e regista Rose Bosch confeziona uno script solido dove emozioni portate avanti su diversi fronti non mancano. Ma nemmeno il giusto ordine formale. Non aspettiamoci il capolavoro, è solo una commedia per tutta la famiglia. Forse alcune ellissi sviluppano gli eventi troppo presto in certe sequenze corali, come quelle della festa dopo la cocarde o di quella serale. Ma è un piccolo prezzo da pagare nelle commedie sentimentali con tanti personaggi e situazioni parallele. Cos’è la cocarde? Una sorta di corrida della Camargue. In una prima fase i tori corrono per le strade, ma si sta più al sicuro che a Pamplona, e in un’altra vengono loro rubate dalle corna delle coccarde nell’arena di Nîmes. Per fortuna niente ferite inferte agli animali, per quanto qualcuno potrà scandalizzarsene comunque.

È una Francia solare e accogliente quella ritratta. Non mancano scorci e paesaggi che mettono voglia di partire appena fuori dal cinema. La regia li fonde perfettamente con lo script ottenendo un bilanciamento tra location, pieghe della storia, interpretazioni dei singoli e compartimenti attoriali comprimari ben assortiti come si conviene per attrarre un pubblico eterogeneo. In più questa volta, la trovata di Gaumont è stata quella d’inserire un piccolo esordiente veramente sordo, il piccolo Lukas Pellisier, peraltro meritevole di un bell’esordio. Con il linguaggio dei segni il suo Théo stempera i bisticci di casa Reno/Galiena e sarà inevitabilmente il fiore all’occhiello di nonno Jean, anzi Paul.

Per l’occasione Nomad Film sperimenta la distribuzione parallela di una versione del film in italiano con sottotitoli per non udenti. Ogni cinema ne offrirà una quota al proprio pubblico nelle 150 sale coinvolte, rendendo possibile la fruizione anche per la comunità sorda. E a correlare il progetto, online anche trailer e clip d’approfondimento realizzati con la lingua dei segni e sottotitolate per gli udenti. Domenica 17 ci sarà una proiezione sottotitolata in tutte le sale d’uscita, mentre da maggio il progetto si amplierà con un’audiodescrizione del film per non vedenti. Nell’auspicio di Lydia Genchi, CEO di Nomad, “un’iniziativa per allargare a un pubblico al quale generalmente in Italia si presta poca attenzione. Un’esperienza che Nomad Film si augura venga compresa e accolta con calore e che intende far diventare una prassi distributiva per tutti i suoi prossimi titoli”.

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