“La procedura di infrazione è già stata aperta”. Così Bruxelles annuncia di aver allungato la sua lente sui fumi delle ciminiere di Brindisi. Lo fa incalzata da Peacelink sulla “questione dell’inquinamento dell’aria in relazione al particolato proveniente da una determinata fonte industriale”. Che per l’associazione coincide con la centrale a carbone Enel Federico II, a Cerano, a pochi chilometri a sud della città.

Proprio nel giorno in cui Enel Cuore Onlus inaugura il reparto di Pediatria dell’ospedale cittadino, ammodernato grazie ai suoi soldi, arriva, dunque, la comunicazione ufficiale. E’ contenuta nella lettera a firma di Ion Codescu, capo della Direzione D-Ambiente della Commissione Ue, in risposta al sollecito di Peacelink, che nel marzo di un anno fa aveva depositato un dossier relativo all’altra Taranto di Puglia e alla salute della sua popolazione, specie dei bambini.

Bruxelles lo scrive chiaramente: “Dopo aver esaminato la questione alla luce delle ultime informazioni disponibili, sembra che i valori limite per la qualità dell’aria sono stati superati per diversi anni nell’area in oggetto”.

La procedura di infrazione a carico dell’Italia è stata già avviata nel novembre 2014 per violazione degli articoli 13 e 23 della Direttiva 2008/50/EC relativa agli sforamenti di Pm10, vale a dire di polveri sottili. A quel quadro sotto i riflettori europei si aggiunge ora il caso brindisino, complesso a causa della pluralità delle presenze industriali. “In particolare – è scritto ancora nella nota europea – dal momento che la violazione dell’articolo 23 richiede l’adozione di tutte le misure atte a ridurre l’inquinamento atmosferico alla fonte, siamo sicuri che la vostra preoccupazione può essere affrontata dalle indagini in corso. Per quanto riguarda il Pm 2,5, il valore limite relativo è entrato in vigore solo il 1 ° gennaio 2015; la Commissione sarà quindi in grado di valutare la conformità a questo nuovo valore limite quando riceverà la prossima relazione annuale sulla qualità dell’aria, prevista al più tardi per il 30 settembre 2016”.

Nel dossier consegnato un anno fa “si faceva riferimento ad un peggioramento della situazione – ribadiscono Ornella Tarullo Antonia Battaglia, responsabili rispettivamente di PeaceLink Brindisi e Bruxelles – accompagnato dall’inerzia delle istituzioni che non hanno ad oggi ancora elaborato nessun piano per la riduzione delle emissioni, nessun atto finalizzato a proteggere la popolazione quando le condizioni meteorologiche portano le emissioni in città, nessuna programmazione su come informare i cittadini sui comportamenti da assumere in caso di pericolo. Niente è stato fatto nel campo della prevenzione sanitaria e la popolazione è abbandonata a se stessa sebbene si sappia che l’inquinamento possa causare malattia e morte”.

A dare sostanza alla denuncia, sono stati i dati epidemiologici noti da tempo, soprattutto quelli relativi alle malformazioni neonatali. La vicinanza al grande polo industriale, energetico, chimico e petrolchimico, è ritenuta causa essenziale. Nel luglio scorso, poi, si è aggiunto l’ultimo tassello, quello pubblicato su una rivista scientifica internazionale dai ricercatori Cristina Mangia, Marco Cervino ed Emilio Gianicolo del CNR. I risultati del loro approfondimento sono scioccanti: la centrale di Cerano provoca “fino a 44 morti” l’anno nelle tre province salentine di Lecce, Brindisi e Taranto. “Studio fuorviante”, lo ha definito Enel.

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