Pura coincidenza. Mentre i magistrati di Potenza che indagano sullo scandalo che ha portato alle dimissioni il ministro dello Sviluppo Federica Guidi arrivano fino a Palazzo Chigi, si muove il Consiglio superiore della magistratura (Csm). In particolare, nei confronti dell’aggiunto Francesco Basentini che, insieme al capo della procura lucana, Luigi Gay e al sostituto Laura Triassi, nei giorni scorsi ha ascoltato come persona informata dei fatti il ministro Maria Elena Boschi. Per Basentini l’attenzione del Csm rischia di rivelarsi molto insidiosa: è stato infatti deciso di trasmettere gli atti, utili a valutare l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti del magistrato. Che dunque rischia grosso. Persino il trasferimento.

RESA DEI CONTI La vicenda non ha nessun legame con l’inchiesta petrolifera di questi giorni. Ma con un’altra che qualche tempo fa determinò un terremoto, almeno in Basilicata: quella legata ai rimborsi spese degli amministratori locali che ha avuto poi strascichi più recenti di fronte alla Corte dei Conti. Che ha contestato per quei fatti il danno erariale anche all’allora governatore Vito De Filippo (oggi sottosegretario alla Salute). E a Marcello Pittella che gli è succeduto alla guida della Regione dopo la fine anticipata della legislatura determinata proprio dall’inchiesta ‘Rimborsopoli’.

FUORI MISURA L’esposto contro il pm antimafia Basentini è stato promosso da una serie di consiglieri regionali tutti imputati – si legge nella pratica esaminata dal plenum di Palazzo dei Marescialli  – nell’ambito di un giudizio penale per diversi reati. E destinatari di una serie di misure (cautelari personali e reali), adottate, a detta degli interessati, in spregio al principio del ‘favor rei’. E qui la prima Commissione del Csm, che ha istruito la pratica, è netta: esposto archiviato per tutti i magistrati interessati, compreso Basentini, dal momento che l’attività giurisdizionale è insindacabile. Ma nell’esposto si fa riferimento anche ad altro. Che potrebbe provocare ulteriori fastidi al magistrato.

CI VUOLE L’AVVOCATO Di cosa gli viene chiesto conto? Chi si è rivolto al Csm ha ipotizzato una incompatibilità tra la toga (oggi in prima linea sull’affaire Guidi) e un avvocato, consigliere regionale all’epoca dell’inchiesta sui rimborsi. Una situazione “determinata dalla pendenza di una procedura di espropriazione immobiliare che vedrebbe coinvolto il padre del suddetto magistrato”.

TITOLARI IN AZIONE Dopo l’istruttoria, il Csm ha dunque deciso, “limitatamente alla questione dell’omessa astensione”, di trasmettere gli atti ai titolari dell’azione disciplinare. E cioè al Procuratore generale della Cassazione e al ministro della Giustizia Andrea Orlando. Che ora dovranno valutare se esistevano davvero i “gravi motivi di convenienza”, quelli previsti dall’articolo 36, lettera h del codice di procedura penale (richiamati dal Csm) che avrebbero fatto scattare l’obbligo di astensione a carico della toga.  E che decideranno, eventualmente, quali misure adottare nei suoi confronti.

 

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