Quasi 100 indagati, di nuovo gli appalti Anas come centro delle tangenti. Questa volta è la Sardegna, più precisamente la superstrada Sassari-Olbia. Ma i protagonisti della storia sono di nuovo politici e funzionari Anas. Oggi la Guardia di Finanza di Oristano e i carabinieri di Tonara, in provincia di Nuoro, hanno arrestato 16 persone, su ordine del tribunale di Oristano. Tre di loro sono in carcere e due di questi sono esponenti di Forza Italia, Antonello Peru e Angelo Stochino: il primo è ancora vicepresidente del consiglio regionale, il secondo ex consigliere regionale e uomo forte del partito da 15 anni tra Nuoro e l’Ogliastra. Il terzo a finire in carcere è l’ingegnere di Desulo, Salvatore Pinna, già coinvolto nella prima parte dell’inchiesta.

E’ infatti il secondo capitolo di una maxi inchiesta che proprio un anno fa aveva visto finire tra carcere e domiciliari altre 21 persone: tra questi anche 5 sindaci. A questo giro gli investigatori, oltre alle ricostruzioni di fatture e consulenze false e flussi di denaro, possono contare anche sulla confessione di alcuni imprenditori che hanno raccontato di aver pagato ciascuno 300mila euro per assicurarsi l’aggiudicazione dell’appalto. Al centro di tutto c’è la superstrada Sassari-Olbia. Il sistema, sottolinea la Finanza, si basava su un semplice principio: chi porta i finanziamenti per l’appalto, lo gestisce poi a suo piacimento. Gli altri destinatari dei provvedimenti sono gli ingegneri e professionisti Giovanni Pietro Cassitta, Agostino Sandro Urru, Fulvio Maurizio Pisu, Andrea Ritossa, Carlo Bernardini, Giovanni Zallocco, Girolamo De Santis, Giovanni Chierroni, Mimmo Lai, Antonio Piras, Walter Quarto, Francesco Lai, Nicola Dinnella e Paolo Manca. 

Il sistema era strutturato a più livelli. Il primo livello era quello dei politici regionali che con le loro decisioni contribuiscono ad orientare la spesa regionale; a livello intermedio si collocava la figura di un “faccendiere” in grado di preservare l’anonimato dei politici corrotti e di organizzare le turbative d’asta attraverso le quali i finanziamenti venivano sì riversati sul “territorio ma ad imprese e professionisti compiacenti. L’ultimo livello era rappresentato da funzionari e amministratori delle stazioni appaltanti che eseguendo le direttive dell’intermediario nella gestione dei finanziamenti ottenevano, tra l’altro, consenso popolare per il loro “impegno nei confronti della comunità”.

Questo sistema, secondo gli investigatori, ha permesso di pilotare gli appalti pubblici dei lotti 3 e 8 della Sassari-Olbia, aggiudicati rispettivamente per un importo di oltre 70 milioni di euro e 57 milioni, ma anche turbare le aste per l’assegnazione dei servizi tecnici di progettazione di due porticcioli turistici nell’area ogliastrina (Tertenia e Tortolì, per 16 e 11 milioni) e assegnare numerosissimi appalti minori per incarichi di progettazione di opere pubbliche o consulenze.

Le tangenti venivano pagate in modo “mascherato”, cioè tramite consulenze, incarichi professionali anche per interposta persona, contributi elettorali ottenendo in cambio la gestione di una fetta di finanziamenti pubblici erogati sia dalla Regione che dallo Stato. Il denaro era frutto di fatture false emesse dal faccendiere nei confronti delle imprese aggiudicatarie degli appalti, o a imprese collegate, con motivazioni varie come lavori o consulenze in territorio nazionale ed estero.

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