Ma davvero siamo ancora capaci di scandalizzarci? Non credo, ma riconosco che molti vogliono far sentire vivi dignità, etica, amor proprio ed ogni altra virtù ormai calpestata. L’ennesimo ‘leaking‘ o spiffero ci ha sbattuto in faccia una realtà che non mi sorprende. Di questa storia mi affascina solo il redivivo Robin Hood cibernetico che non ha chiesto nulla al Süddeutsche Zeitung in cambio del suo bottino di oltre 2 terabyte e mezzo di preziosissime informazioni, che forse serviranno a svegliare le coscienze, a ridisegnare le opinioni e magari cambiare le cose.

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La “refurtiva” – che svela quarant’anni di malefatte di criminali e mascalzoni in blazer blu – probabilmente sarà distillata con una paziente somministrazione per evitare un sovradosaggio informativo e giudiziario che potrebbe vanificare i benefici sociali di una corretta progressiva constatazione di uno scenario ributtante.
I giornalisti del quotidiano tedesco hanno pazientato un anno prima di dar fuoco alle polveri, così da avere certezza dell’originalità e della attendibilità dell’incredibile documentazione finita nelle loro mani e al contempo scongiurare le consuete patetiche dichiarazioni di estraneità che, comunque, non sono mancate.

La condivisione delle informazioni con l’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) e più di 100 testate ha permesso una copertura mediatica universale. Le bricconate dal 1977 alla fine dello scorso anno saranno rese note in maniera completa tra un mesetto e sarà la Valle di Josafat: salteranno fuori gli elenchi completi delle imprese coinvolte e di tutti i personaggi a queste collegati. I misteriosi quattordicimila clienti dello studio Jürgen Mossack e Ramón Fonseca saranno di dominio pubblico. Ma – come osserva Aparisim “Bobby” Ghosh, giornalista d’inchiesta già al TIME e ora direttore della rivista online Quartz – “possiamo ricordare a noi stessi che i cosiddetti Panama Papers sono quel che salta fuori da un SOLO studio legale in un SOLO paradiso fiscale? E’ la punta del proverbiale iceberg”. Il suo tweet, apprezzato da oltre cinquemila utenti e ritwittato più o meno il doppio delle volte, sta rimbalzando e facendo riflettere chi ancora pensa di fare spallucce sentendo parlare di certe cose.

Colm Kleen, editorialista dell’Irish Times (il quotidiano irlandese che ha rilevato la football connection nello scandalo panamense e lì una presenza interista), ha titolato in maniera significativa “Onshore world can close offshore world – if it wants”, ossia il mondo onshore può chiudere quello offshore se solo volesse.
Ma l’universo in cui vigono le regole ha davvero intenzione di affrontare una simile impresa? Pecunia non olet. Reticenza, fariseismo, riluttanza ad ammettere anche l’evidenza più schiacciante: espressioni del tipo “io non c’ero e se c’ero dormivo e se dormivo sognavo un’altra cosa” saranno un domani ricordate solo in qualche sequenza di cartoon dei Simpson.

L’information sharing ha innescato una irrefrenabile contaminazione. Periodicamente si scopre che qualcuno, seduto per anni a fianco del “cattivo” di turno, ha pazientemente raccolto documenti, file, dossier e archivi guardando ad un futuro pentimento o vendetta. Nel #PanamaPapers si parla di un quantitativo di informazioni 600 volte superiore a quelle diffuse con il caso lussemburghese e se si vuole fare una proporzione con il rumoroso originario Wikileaks non basta moltiplicare le carte di allora per 1500 per raggiungere il medesimo volume. Evasione fiscale, perseguimento di obiettivi industriali e commerciali a tutti i costi, triangolazioni per dribblare veti normativi e blacklist sembrano ipnotizzare una platea sempre più vasta di soggetti.

I protagonisti tricolori di questa epopea li cominciamo a leggere sulla stampa straniera. Sul sito di Indian Express, ad esempio, salta fuori la storia dell’italiana ELT Elettronica SpA e delle sue decennali forniture ad Aviazione e Marina militare del governo di Nuova Delhi effettuate attraverso realtà offshore. In questi giorni, poco alla volta, verrà a galla il rovescio della medaglia del business made in Italy e – con grande gioia degli immancabili cospiratori – non mancheranno spunti interpretativi di tante relazioni internazionali opache. Nel frattempo guardiamo all’orizzonte, quasi ci si aspettasse di intravedere il prossimo scandalo, magari alle Virgin Islands o in qualche altro paradiso terrestre, e di saziare una legittima curiosità che purtroppo non si tramuta mai in sdegno concreto.

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