Aveva messo su un “potentato” nonostante fosse il sindaco di un paesino di poco più di 2500 abitanti della Lucania. Rosaria Vicino, 62 anni, ex sindaco Pd di Corleto Perticara, finita ai domiciliari nell’inchiesta che ha travolto il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, è un personaggio centrale nell’inchiesta. È a lei che sono contestati la gran parte dei reati che si leggono nelle oltre 800 pagine dell’ordinanza firmata dal gip di Potenza Michela Tiziana Petrocelli. Sì perché la Vicino, abile a raccogliere e convogliare voti anche sugli esponenti del Pd candidati ed poi eletti al Parlamento europeo come Pittella, Paolucci e Picierno, incurante delle proteste del capo dei vigili che non voleva usasse l’auto di servizio per andare dal parrucchiere, era imbattibile nell’imporre alla società, compresa la Total che avevano bisogno di autorizzazioni, le assunzioni dei suoi protetti e amici. Anche a scapito della sicurezza, per esempio quella dei pozzi. L’unica cosa che contava erano le assunzioni. “E se un pozzo scoppia?” chiede Rocco Carone, il manager della Maersk H2S Safety Service Italia che riferisce di avere problemi con la Total proprio per l’affidamento del servizio di sicurezza all’interno della costruzione del pozzo: “None, a noi la sicurezza non ce ne fotte niente… Ma non ci pensassero proprio, io gli blocco tutto”.

“Il sindaco? Ormai è l’ufficio di collocamento”
Per questo il giudice di lei scrive: “Figura di assoluto spicco che … ha fornito concreta dimostrazione di una singolare capacità di piegare o condizionare la volontà degli imprenditori che si interfacciavano con la medesima, al fine di conseguire il risultato delle assunzioni di questo o quel nominativo e nell’intento unico di consolidare il proprio consenso elettorale in spregio a qualsiasi criterio di meritocrazia oltre che in violazione dei parametri prefissati dal Local Content”. Era lei stessa, come si legge in una delle intercettazioni, a indicare i nomi: “Perché insomma deve essere chiaro: il nostro ruolo dei sindaci è cambiato, è diventato l’ufficio di collocamento (…). E voi a me mi dovete tenere contenta”

La sindachessa a volte blandiva, ma soprattutto minacciava o addirittura corrompeva. Per questo il gip argomenta: “Ha evidenziato una indole di estrema pericolosità essendo stata appurata, attraverso le espletate indagini, l’operatività di un vero proprio protocollo adottato dalla indagata per conseguire i propri fini, protocollo che si è visto essere variegato e diversificato spaziando esso da condotte di mera induzione ad autentiche forme di prevaricazione intimidatoria fino a raggiungere condotte di carattere corruttivo”.

“Ho già detto a Total… nessuna autorizzazione”
“Il nostro concetto, la nostra filosofia è questa – diceva la Vicino – piena apertura però nessuno deve dimenticare che questa è la sede del Centro Olii, che questa è la sede di tutti i pozzi, e che quindi… la maggiore occupazione, il comune che va attenzionato prima è Corleto. E poi tutti gli altri…”. Così chi voleva le autorizzazioni doveva pagare pedaggio a lei: “Vi servono due persone? Noi vi mandiamo due persone… No questi me li devi pigliare, bello. Senza se e senza ma” e giù l’elenco dei nomi. E se non andava come voleva, la Vicino sapeva già come fare: “Ho già detto a Total: se dobbiamo stare a guardare noi, starete a guardare tutti, non esce una carta da qua! Nessuna autorizzazione, niente! Se i nostri devono stare a guardare, non vogliamo lavorare!”.  E la donna non voleva sentire ragioni anche quando doveva essere raggirato il requisito dello stato di disoccupazione. E in altri casi alcuni lavoratori dovevano essere “levati” per far spazio ai suoi nominativi.

Il gip: “Nessuna motivazione filantropica, pensava alle elezioni”
Ma perché la sindaca era così attiva? Non certo per generosità o per attenzione ai livelli occupazionali di una delle regioni più povere d’Italia. “Detto sistema era ben lungi dall’essere sorretto da motivazioni di natura filantropica o umanitaria: – spiega il giudice per le indagini preliminari – dando ed offrendo soluzioni lavorative alle persone che la interessavano, la donna sapeva di realizzare una rete di relazioni di totale riconoscenza nei suoi confronti da spendersi poi in occasione di competizioni elettorali”. Senza trascurare gli affetti perché come il gip ricorda ci sono anche attività “intraprese a vantaggio della figlia farmacista”.

“None, a noi la sicurezza non ce ne fotte niente”
E così presa dall’attività di piazzare amici e parenti, comunque, la Vicino non poteva anche pensare alle questioni riguardanti la sicurezza. Quando Carone, il manager di Maersk, dice: “Ho capito, ma stiamo lavorando con le risorse che sono … erano a Tempa Rossa 2, che da Tempa Rossa 2 sono passate là. ( … ) L’attività dove … ( … ) E sono persone che devon0 avere cinque anni di esperienza.; e spiega ancora: … è che noi, al cancello, ci fermiamo. Se scoppia il …. pozzo e il gas va alle campagne … ( … ) … noi alle campagne non ci andiamo. ( … ) Nemmeno sotto … sotto tortura.( … ) Io, per farvi capire … la situazione come è”. La sindachessa replica di aver intanto provveduto a mettere la “pulce” all’orecchio dell’ingegner Cobianchi, il manager Total che interloquiva con Gialuca Gemelli compagno dell’ormai ex ministro Guidi. All’affermazione di Carone circa la reale intenzione della Total, vale a dire di risparmiare soldi (…”che voglion0 risparmiare soldi. Mò è arrivata la spending review pure…”), la risposta della Vicino è chiara:”None, a noi la sicurezza non ce ne fotte niente. Ma non ci pensassero proprio, io gli blocco tutto”. Carone stesso però ribadisce di voler sfruttare l’opportunità legata alla sorveglianza dei pozzi per poter inserire anche chi non ha “esperienza elevata”. La Vicino mostra di comprendere, però, chiede comunque l‘assunzione immediata delle persone da lei segnalate: “Eh va bè, Rocco, abbiamo capito tutto. Comunque mo’ questi ragazzi abbiamo dato una parola e teniamola alle prime occasioni”. Anche se un pozzo dovesse scoppiare.

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