La festa dell’Unità di Bologna non si farà più al Parco nord e un altro pezzo di storia della sinistra italiana va in soffitta. I compagni emiliani avevano iniziato ad allestire i loro festival lì, nel grande spazio aperto che affaccia su via Stalingrado (e dove altrimenti?), nel lontano 1974. Allora alla guida del Partito comunista italiano c’era Enrico Berlinguer, il giovane che un anno dopo avrebbe fatto il sorpasso sulla Dc alle amministrative del 1975 e portato il movimento che fu di Gramsci e Togliatti al suo massimo storico.

Altri tempi. Ora il segretario provinciale del Partito democratico Francesco Critelli ha annunciato che a malincuore bisogna lasciare quell’area e che la richiesta d’affitto da parte dei nuovi gestori dell’area, la Publieventi di Ferrara, è troppo alta per le casse di un partito che, come in altre parti d’Italia, ha subito una grossa emorragia di tessere negli ultimi anni. Ora la manifestazione si sposterà alla Unipol Arena, il palasport dove gioca la Virtus Pallacanestro e la festa si terrà sia all’interno che all’esterno della struttura. Siamo fuori da Bologna, ma Critelli ha assicurato che una navetta farà la spola di continuo con il centro città e che proprio lì a fianco c’è una stazione ferroviaria.

“La scelta è maturata perché non abbiamo trovato un accordo con l’aggiudicatario del bando per il Parco Nord – ha detto Critelli – La nostra priorità adesso è salvaguardare un’esperienza irripetibile e unica: la festa più grande e più importante d’Italia, che consente al partito di autofinanziarsi in modo pulito e trasparente. Sappiamo che ciò che andremo a preparare sarà più bello di quanto fatto nel corso di questi anni e riporteremo spettacoli di livello nazionale”. Il segretario ha assicurato che prima di dire addio al Parco nord ha sentito i rappresentanti dei 5mila volontari che ogni anno lavorano tra le decine di ristoranti: “Ieri sera abbiamo avuto l’ultima parola dalle persone che fanno vivere la festa quotidianamente, cioè i responsabili degli stand”.

E dire che nemmeno il ciclone rottamatorio di Matteo Renzi aveva scalfito la tradizione della Festa bolognese, che qui ha sempre continuato a chiamarsi Festa de l’Unità anche quando tutti in giro per l’Italia l’avevano ribattezzata Festa democratica. Da fine agosto per 25 giorni la politica nazionale, e non solo quella della sinistra si incontrava tra gli stand della grande area. E in questa piccola città si tessevano le strategie politiche per l’anno successivo.

Tanto era importante la festa bolognese che lo stesso Renzi, il segretario più ‘democristiano’ che il centrosinistra ricordi, aveva voluto a Bologna la festa nazionale nel primo anno della sua segreteria. Così nel settembre 2014 assieme al premier italiano arrivarono a Parco nord l’omologo spagnolo Manuel Valls, il segretario socialista spagnolo Pedro Sanchez e diversi altri da tutta Europa che sancirono, davanti a un piatto di tortellini cucinato dalle volontarie della festa, la linea della nuova ‘sinistra’ europea in jeans e camicia bianca.

Ma i militanti bolognesi, e i tanti che venivano qui da tutta Italia ad ammirare la festa del socialismo reale all’emiliana tra tagliatelle e balere, sono più legati ad altri ricordi. I comizi con migliaia di bandiere rosse al vento: qui teneva i suoi discorsi con le folle oceaniche Berlinguer. Qui passarono tante volte Achille Occhetto, Massimo D’Alema. Qui Piero Fassino nel 2007 tenne il suo ultimo comizio da segretario dei Democratici di sinistra prima della nascita del Partito democratico. In decine di migliaia arrivarono al Parco nord per piangere ai funerali dell’ultimo scampolo di rosso che rimaneva sulla bandiera. Forse l’ultima grande prova di forza di un partito che osava ancora chiamarsi “di sinistra”. Altri tempi.

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