Proprio mentre sul web si straparla delle donne che in Olanda rischierebbero di non poter mai più mettere la minigonna (e in realtà si tratta di una di circolare cittadina che chiede decoro solo negli uffici pubblici), eccolo pronto lo scandalo che stavolta parla di libera tetta in libero social. Prima ancora che i pensatori neo marxisti ci regalino una lezione sull’anticapitalismo dell’opposizione alle tette di Kim Kardashian e Emily Ratajkowski mi piacerebbe ragionare dei due pesi e delle due misure di chi difende la libertà, sacrosanta, delle donne di indossare minigonne o andare in giro seminude, quando si tratta di lottare a colpi di pelle femminile contro la presunta invasione islamica delle nostre civilissime e progredite terre, per poi dare delle egocentriche a Kardashian Ratajkowski perché mostrano le tette sui social.

Non mi importa molto di difendere la loro scelta. Chissenefrega. Possono fare quello che vogliono e non riesco a cogliere la “posizione politica” di chi si oppone alla tetta scoperta motivando l’opposizione con una serie di numeri da circo degni del miglior trapezista.

Preciso che non seguo il gossip e non ho scoperto l’importanza della tetta della Kardashian prima di codesto pomeriggio. Ho scoperto che lei ha spesso mostrato le tette per svelare trucchi su come tenerle in riga, simmetriche ed allineate che nemmanco le guardie reali alla residenza dei reali d’Inghilterra. Poi, un bel giorno, mostrò ancora una sua foto, e correggetemi se sbaglio, con il suo lato B (ché fa più figo chiamarlo così invece che semplicemente culo) in bella vista e per le critiche che sono piovute su di lei, molte di tipo moralista, arrivò in suo aiuto la Ratajkowski con una immagine dedicata all’uopo.

Così eccole diventate amiche di tetta a mostrare il dito medio al mondo raccontando che pur essendo più che semplici corpi vogliono dire che le donne dovrebbero avere la libertà di mostrarsi ed esprimere la loro sessualità.

Cos’è che dà fastidio di questa “iniziativa”? Il fatto che abbiano dovuto mettere le strisce nere per coprire i capezzoli, il che, a voi genii che non seguite le meraviglie di tettalandia su Facebook, probabilmente apparirà inspiegabile quando inspiegabile non è. Ditelo a mastro Zuckerberg perché censura la tetta, fino a poco tempo fa includendo quella che allatta, con capezzolo in evidenza e invece non censura la tetta censurata. Con il capezzolo è porno, così come le varie linee guida dei social hanno deciso, e senza invece no. Segreti della metafisica tettamante, per l’appunto.

L’altra cosa che dà fastidio è il fatto che parlino di “libertà”. Cosa volete saperne voi di libertà, dato che siete solo “due miliardarie egocentriche”, commentano in massa. E in effetti se io dovessi scegliere una donna come icona della lotta per i diritti delle donne non la sceglierei tra chi appartiene ad una classe e a modi di pensare così lontani dai miei. Ma immagino che neppure queste due donne vorranno ergersi a simboli femministi, giacché promuovere la propria immagine è per loro come promuovere un marchio. È un mestiere, permette loro di diventare testimonial di roba griffata e altro ancora. Perciò se c’è un motivo per cui posso avere da ridire è il fatto che si parla di libertà delle donne trattandola come un brand.

Problema è che, come spesso avviene, c’è tutto un movimento di opinione che usa il femminismo, la lotta per i diritti delle donne, quella contro la mercificazione dei corpi femminili, per imporre moralismi e censure. Di questo movimento fanno parte anche alcune frange reazionarie sedicenti femministe. È un modo più politically correct per dare a una donna, in special modo se irraggiungibile, figuriamoci se “bella e nuda” – ed eccolo sgorgare l’odio – della zoccola. Ma quale libertà e libertà, tuona il critico specialista di rispetto per la soggettività e l’autodeterminazione delle donne. Qui c’è solo ego. E giù gli applausi che, come sappiamo bene, si raccolgono con grande facilità in special modo tra quelle donne che non attendono altro che di poter scagliare una pietra su un’altra donna con una scusa qualunque. Egocentrica. E giù la prima pietra. Il femminismo è altro. E giù la seconda pietra. E poi una con le tette così, e il corpo così, etc etc, varie ed eventuali, body shaming incluso, e giù la terza, quarta, quinta, decima pietra.

Quando un uomo scrive un articolo prendendo di mira una donna per “questioni” di così rara importanza sa che trova un pubblico pronto al linciaggio che non attende altro che di prendersela con l’ennesima persona alla gogna. Sono personaggi pubblici, diranno. Se pubblicano le foto meritano giudizi. Ma si, prendetevi pure in giro, anche se sapete che tra esprimere opinioni e svuotare il cesso sulla pelle di chiunque c’è una lieve differenza.

Non le conosco, non mi rappresentano – ché a rappresentare la mia tetta ci penso da sola – non ho idea di quel che muove le posizioni “politiche” di certuni – pur avendo simpatia per un dichiarato feticismo alla Scanzi – e non so cosa spinga chi immagina di poter raggiungere le Vip con un commento livido di rabbia sui social, ma il diritto a mostrare la tetta, di qualunque tipo, senza opporre limiti alla provvidenza, senza fare moralismo su chi ce l’ha rifatta o su chi ce l’ha con le smagliature, come tante tra noi, ebbene: quel diritto lo difendo sempre. La libertà di mostrarsi appartiene a tutt*. Purché nessuno imponga a me quel che devo fare non vedo perché io dovrei imporre ad altre quando, come e dove mostrarsi. Ricordando che la storia del “siete esibizioniste” viene usata contro chiunque esponga il corpo senza chiedere il permesso. E se non siete d’accordo, please, almeno smettetela di parlare delle minigonne delle donne olandesi.

RIVOLUZIONE YOUTUBER

di Andrea Amato e Matteo Maffucci 14€ Acquista
Articolo Precedente

La Gabbia, il Paragone non regge se a parlare di diritti delle donne sono gli uomini

next
Articolo Successivo

Marco Travaglio, trionferà solo l’inciviltà se continuiamo a usare le parole come pietre

next