E’ cresciuta, la Mini. In dimensioni, filosofia costruttiva, consapevolezza. Anche la versione cabriolet, arrivata alla sua terza generazione da quando Bmw ha rilevato il marchio inglese. La quarta dell’era moderna, se vogliamo considerare anche la serie in vendita dal 1993 al 1996, di cui tuttavia furono venduti solo un migliaio di esemplari. Mentre l’epoca “teutonica” ne conta circa 330 mila.

I centimetri, sono una decina quelli in più nella lughezza della nuova Mini cabrio (qualcosa in più su Cooper S e JCW), contano. Perché permettono quantomeno di migliorare in quello che è da sempre il tallone d’Achille di un modello come questo: lo spazio disponibile per i passeggeri posteriori. Anche se non ce n’è da scialare (4 cm in più per le gambe), i passi avanti su questo fronte sono tangibili. Così come su quello del bagagliaio, dove finalmente è possibile stipare qualcosa di (non troppo) ingombrante anche quando si viaggia a tetto aperto.

C’è poi stato un cambiamento importante, nella filosofia costruttiva: ora questa scoperta, così come le versioni Clubman e tre porte attuali, viene costruita sulla piattaforma modulare UKL del gruppo Bmw, in pratica quella destinata alle vetture di taglia medio piccola. Il che, per certi versi, rappresenta una pietra miliare. Perché segna il passaggio dallo spirito spartano e primordiale del “go kart feeling” ad un concetto di guidabilità più confortevole. Un passaggio indolore, tutto sommato.

Te ne accorgi guidando la potente Cooper S da 192 cavalli: nervosa e scattante come sempre, ma comoda e gestibile come mai. Aggressiva, con quel musetto che sporge di altri tre centimetri rispetto al modello d’ordinanza, ma comunque sempre sotto controllo. Tolta la scomodità, insomma, rimane il divertimento. E una sportività su cui, stavolta no, non ci sono compromessi. Così come sulle dotazioni e sull’infotainment di bordo, per cui si è attinto a piene mani dal serbatoio tecnologico del gruppo Bmw.

Del resto, ad una cabriolet sarebbe sbagliato chiedere un’esperienza estrema. Ma il gusto del viaggio, quello si. Perché, come diceva il compianto campione di tennis Arthur Ashe, “success is a journey, not a destination”. Non conta dove arrivi, ma come lo fai. E l’Always Open Timer, lo speciale congegno che misura il tempo in cui la capote della vettura (rigorosamente in tela) rimane aperta, rende bene il concetto. Così come quei diciotto secondi che si impiegano per aprirla e chiuderla. Se poi si è scelta quella, splendida, con l’impuntura dello Union Jack sopra, non ce n’è per nessuno.

MINI CABRIO – LA SCHEDA

Il modello: è la terza generazione di Mini a tetto scoperto, da quando Bmw ha rilevato il marchio inglese. La prima (2004-2009) ha venduto 164 mila unità, mentre la seconda (2009-2015) 165.700 fino a dicembre 2015. E’ in vendita dal 5 marzo
Dimensioni: lunghezza 3,82 metri (3,85 le Cooper S e SD, 3,87 la John Cooper Works), larghezza 1,72, altezza 1,41
Motori benzina: 1.2 da 102 Cv, 1.5 da 136 Cv, 2.0 da 192 Cv e 2.0 da 231 Cv
Motori diesel: 1.5 da 116 Cv, 2.0 da 170 Cv
Consumi omologati nel ciclo misto: da 3,8 a 6,5 litri per 100 km
Emissioni di CO2: da 100 a 152 g/km di anidride carbonica
Prezzi: da 22.900 a 37.900
Ci piace: l’attenzione per i dettagli, fuori e dentro l’abitacolo
Non ci piace: la scarsa abitabilità dei sedili posteriori

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