“Le reazioni istintive al pericolo sono fondamentali per la perpetuazione della specie e sono state osservate in tutto il regno animale”. È nel cervello che è localizzato l’odore della paura: è memorizzato in un piccolo gruppo di cellule della corteccia olfattiva, pronte a far scattare l’allarme in caso di pericolo.

Il meccanismo, individuato nei topi, è probabilmente comune a tutti i mammiferi, compreso l’uomo. Almeno questa è l’ipotesi dello studio pubblicato sulla rivista Nature dei ricercatori del gruppo coordinato dal premio Nobel per la medicina Linda Buck, del Fred Hutchinson Cancer Research Center, a Seattle. Buck è stata insignita dall’Accademia di Stoccolma nel 2004 proprio per le sue ricerche sui recettori olfattivi e sul funzionamento del sistema olfattivo.

Quando i topi sentono l’odore di un predatore, come la lince, hanno una reazione istintiva che può salvare loro la vita: la paura scatena un’ondata di ormoni dello stress che avverte il cervello del pericolo imminente e aiuta i topi a reagire velocemente e a scappare come fulmini dai predatori affamati. Anche se uomini e topi sperimentano stress dovuti a cause differenti, la risposta che hanno è simile. “Gli esseri umani – spiega Buck – non hanno paure legate ai predatori, tuttavia la risposta allo stress è molto simile a quella messa in atto dai topi quando avvertono la presenza di un predatore”.

Era noto che nei topi la paura facesse innalzare il livello degli ormoni che hanno il compito di dare l’allarme al cervello, ma il meccanismo non era chiaro nei dettagli. Per scoprirlo i ricercatori hanno utilizzato dei virus resi inoffensivi, modificandoli in modo che si legassero ai neuroni che si legano agli ormoni dello stress. Ai topi è stato fatto annusare l’odore di uno dei loro nemici e a questo punto i ricercatori sono andati a cercare i neuroni ai quali si erano legati i virus modificati nella corteccia olfattiva. In questo modo sono riusciti a identificare la piccola area in cui viene immagazzinato l’odore della paura. I ricercatori l’hanno chiamata “AmPir” (che sta per “area di transizione tra amigdala e corteccia piriforme).

L’abstract su Nature

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