Aumentare l’Iva per finanziare gli annunciati tagli di Ires e Irpef senza rischiare effetti distorsivi sull’economia. Il suggerimento, decisamente sgradito per un governo che continua a ventilare nuove riduzioni delle tasse, arriva dalla Corte dei Conti nel giorno in cui il commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici è in Italia per incontrare il premier Matteo Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. I magistrati contabili, nel Rapporto 2016 sul coordinamento di finanza pubblica, sottolineano le forti incertezze che gravano sulla crescita del Pil a causa del rallentamento degli scambi internazionali e delle turbolenze sui mercati. E arrivano appunto alla conclusione che, per coprire gli sgravi promessi e “affrontare la partita delle clausole di salvaguardia” la strada migliore insieme alla spending review e alla revisione delle agevolazioni fiscali sarebbe “un intervento sull’Iva”. Anche perché in Italia il rendimento dell’imposta “non raggiunge il 6 per cento del Pil, il livello più basso fra i Paesi Ue”. 

Padoan, che ha partecipato alla presentazione del rapporto al Senato, non ha commentato: si è limitato a ripetere che “la dinamica della spesa è già sotto controllo”. Negare è toccato al commissario alla spending review, Yoram Gutgeld, che ha detto: “Non aumenteremo l’Iva, il problema vero dell’imposta è che c’è evasione e su questo abbiamo un percorso: la strada è andare verso la digitalizzazione delle transazioni business”. Quanto ai tagli alla spesa, sempre martedì è arrivata la conferma di quanto detto da Padoan pochi giorni fa: Gutgeld, in un intervento sul Foglio, scrive che la riduzione di 25 miliardi che il governo sostiene di aver fatto finora rende l’Italia il Paese europeo che “ha subito più austerità”, “forse con l’eccezione della Grecia”. E ora bisogna smetterla con “una inutile e dannosa austerità“.

Rischi di crescita inferiore alla attese e privatizzazioni insufficienti -“L’economia italiana sembra uscita dalla fase recessiva” ma la ripresa è “ancora debole” e “può trovare difficoltà a consolidarsi, anche per la sua caratteristica ciclica rispetto ai principali paesi partner”, scrive la Corte. “Incertezze gravano pertanto sugli andamenti del 2016”. La disoccupazione è “quasi un punto in meno rispetto al 2015 (11,5 per cento)” e gli occupati “circa 230mila in più“, risultati che anche i magistrati contabili collegano “alle politiche di sgravi fiscali contributivi in vigore nel 2015 e prorogati poi al 2016″. In questo quadro, se le previsioni di crescita del Pil (+1,6% nel 2016) e quelle sugli introiti da privatizzazioni (1,5 punti di pil nel triennio 2015-18) non risultassero confermate, “comporterebbero un rapporto debito/pil superiore a quello del benchmark”. Insomma, l’Italia rischia di non centrare gli obiettivi.

“Aumento Iva è tra i meno distorsivi. E Italia è fanalino di coda per rendimento dell’imposta” – In questo quadro “la necessità di mantenere i saldi di finanza pubblica su un percorso di rientro del debito e di riduzione della pressione fiscale richiede l’assunzione di non semplici scelte sul fronte della spesa pubblica e sul sistema di intervento nell’economia a favore di famiglie e imprese”. Scelte non semplici come quella, appunto, di ritoccare all’insù le aliquote Iva. “Per dare corso alle riduzioni di prelievo già decise (Ires) o annunciate (Irpef) e, al contempo, affrontare la partita delle clausole di salvaguardia (gli aumenti di Iva e accise già previsti a garanzia dei target di bilancio e che, per il 2017, valgono circa 15 miliardi di gettito, ndr) sembra necessaria una strategia che punti a superare le rigidità, così contribuendo a trovare le modalità di copertura più adeguate”. “Se, oltre al taglio delle spese, un contributo sarà necessario sul versante entrate, una ipotesi in discussione non escluderebbe, oltre ad una revisione delle spese fiscali, un intervento sull’Iva“. Che la Corte dei Conti consiglia perché sarebbe “fra i meno distorsivi quanto ad impatto sull’economia”, in un Paese che “risulta al secondo posto quanto al prelievo gravante sui redditi da lavoro, con il 42,8%, quasi otto punti oltre la media europea”, “al terzo posto” per il prelievo sui “redditi d’impresa, circa il 26% ossia ben oltre il 50% della media Ue”, ma è solo al 22esimo posto per il prelievo sui consumi con il 17,7%, quasi 4 punti in meno rispetto alla media europea.

Inoltre l’aumento Iva “resterebbe nell’area individuata dalla clausola di salvaguardia rinnovata per il 2016; sarebbe giustificato dalla posizione di fanalino di coda che il nostro Paese occupa nella graduatoria europea sul rendimento dell’imposta; sarebbe preferibile ad altre forme di imposizione indiretta, sia per l’ampiezza della base imponibile su cui si distribuirebbe, sia in considerazione dei ripetuti ‘stress’ cui sono stati finora soggetti altri comparti (le accise, innanzitutto)”. Un intervento del genere “potrebbe consentire di dare una risposta anche all’esigenza di ridimensionare l’area di erosione legata al tributo”. 

“Troppe agevolazioni fiscali, erodono entrate per 313 miliardi” – La Corte dei conti stima oggi “una significativa dilatazione” delle agevolazioni fiscali “sia nel numero, 799, sia nella perdita di entrate che ne deriva, 313 miliardi“. Come è noto il governo aveva in programma una revisione delle cosiddette “tax expenditures”, ma al momento di varare l’ultima legge di Stabilità ci ha ripensato perché “intervenire oggi significa aumentare le tasse”, come spiegato da Renzi. Proprio per questo motivo l’allora consigliere economico per la revisione della spesa Roberto Perotti, favorevole all’intervento, si è dimesso dall’incarico. Per la Corte “il fenomeno delle agevolazioni si estende a tutto il sistema tributario”. E le nuove stime pongono l’Italia “al secondo posto nella graduatoria internazionale sul livello di erosione”, si legge nel rapporto.

“In sanità pochi risultati in termini di risparmio. Rendere più mirati i ticket” – Un altro suggerimento riguarda i servizi della sanità pubblica: “È necessario rendere più appropriato e mirato l’accesso alle prestazioni (ticket) e dare flessibilità gestionale a strutture in continua ricerca di un equilibrio”. Attualmente infatti “i tetti alla spesa e il payback sui farmaci (che si vuole estendere ai dispositivi medici) non riescono a incidere su dinamiche della spesa sottoposte ad esigenze diverse da quelle finora conosciute”. “La regolazione degli acquisti attraverso il ricorso a prezzi di riferimento – si legge ancora – si scontra con la forte varietà e disomogeneità dei prodotti. I dati diffusi dall’Anac se, da un lato, confermano margini di risparmio consistenti, dall’altro, segnano la difficoltà di ottenere risultati significativi in un mercato in rapida mutazione anche in termini di innovazione”. Il succo è che i tentativi di spending review in questo campo, che hanno fatto salire sulle barricate i medici e in molti casi hanno pesanti impatti sulla qualità dei servizi.

Sistema pensionistico in equilibrio solo se torna la crescita – Il sistema pensionistico secondo la Corte è invece “in equilibrio”, ma solo “a patto che l’Italia torni da subito anche se gradualmente su un sentiero di crescita moderata”. Le previsioni a lungo termine “segnalano un andamento della spesa pensionistica, come pure di quella per le prestazioni sociali nel complesso, rassicurante“, sottolinea la Corte, sottolineando che “il ciclo ventennale di riforme avviato fin dagli anni Novanta è riuscito a dare una risposta anticipata agli effetti del progressivo invecchiamento della popolazione sulla sostenibilità finanziaria della spesa previdenziale”. Tuttavia ci sono “incertezze” legate alla pensione dei lavoratori poveri e “rischi legati all’evoluzione del quadro economico e sociale”. Inoltre la Corte rileva che a fine 2014 la spesa previdenziale ha quasi raggiunto 300 miliardi, poco più dei due terzi della spesa complessiva per la protezione sociale, ed è in larga parte (87%) assorbita dalle prestazioni pensionistiche.

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