Cioccolata, o bischerataL’università di Pisa cerca mangiatori di cioccolato. Quando si dice il terziario avanzato.

Altro che il Job Acts. Pisa viene in soccorso a Firenze, se Renzi fallisce ci pensa un progetto dell’università a darvi un lavoro. Un incarico che magari non è retribuito, trattandosi di volontariato: ma intanto vi sfama, letteralmente. Si tratta di mangiare quaranta grammi di cioccolato al giorno per due mesi, inframezzati da pause “detox”. Naturalmente la carità è pelosa: dietro c’è uno studio, la cioccolata sposa ingredienti toscani e cambia nome in toscolata, che suona un po’ come bischerata: sarà la lezione del Gattopardo applicata al marketing, o un semplice raggiro di normative perché, per esempio, non si raggiunge la percentuale minima di pasta di cacao per chiamarla cioccolata? Al momento non sappiamo, ma siamo sensibili alla lezione Andreotti: a pensar male si fa peccato ma per lo più ci si azzecca…

Le Salon du Chocolat - La Fiera del Cioccolato di Bruxelles

Comunque, se volete aderire al programma, ecco come fare: candidatevi con una mail a r.distefano@aopisa.toscana.it. Sono richiesti requisiti tra cui l’età fra i 35 e 65 anni e la presenza di fattori di rischio cardiovascolare. Fumatori, ipertesi e sovrappeso sono benvenuti.

Ma a Pisa, se si accontentavano, glielo dicevo io che effetto fa il cioccolato: quello buono, parliamo di minimo 70% di cacao, fa benissimo. Quello cattivo, con circa metà del cacao sostituita da un 35% di disinvoltura (lecitina, zucchero, aromi per mascherare pasta di cacao di cattiva qualità, eccetera) fa malissimo e fa pure venire i brufoli. Quello illusionista (che vanta in etichetta monocultivar delle più svariate provenienze ma che poi alla resa dei conti non raggiunge nemmeno un 35% di pasta di cacao, e ci mette una pezza col make-up) ha esiti diversi secondo il pubblico: se ci caschi perché non hai mai mangiato un cioccolato serio, sei mazziato e contento. Se disponi di un termine di paragone di qualità, ti incazzi, ma alla fine più con te stesso per esserci cascato, che con il produttore che ti ha infinocchiato: in fondo, la verità lui te l’aveva detta con il prezzo stracciato, inapplicabile a un prodotto di qualità. Il cacao crudista, tendenza del momento (fave di cacao non tostate), sarebbe interessante come oggetto di un confronto Crozza versus Salvini.

Ma a proposito di infinocchiare: non è che nella toscolata ci metteranno anche la finocchiona? Fateci sapere, se siete prescelti per il lavoro volontario.

 

La replica di  IVALSA CNR Follonica e di Vestri cioccolato

Gentilissima,
le scrivo in qualità di responsabile scientifico del progetto Toscolata. Questo è l’acronimo usato per accorciare il titolo di una ricerca finanziata dalla Regione Toscana sul bando Agrifood dopo valutazione scientifica e tecnica del programma di lavoro. Invito Lei ed i suoi lettori ad informarsi meglio riguardo la richiesta di volontari necessari a rispondere ai quesiti di nutraceutica del bando. Non si cercano mangiatori di cacao ma persone da sottoporre a specifici test di risposta fisiologica all’assunzione giornaliera di prodotti antiossidanti di elevata qualità.

Claudio Cantini

 

Gentilissima,
scrivo in qualità di titolare della ditta che materialmente produce la Toscolata, la Vestri cioccolato. Inizio dicendo che lei non ci ha contattato in nessun modo, nonostante i nostri recapiti siano molteplici. Comunque invio la lista degli ingredienti della Toscolata all’olio extravergine di oliva:

“Cioccolato fondente 71%” – semi di cacao, zucchero di canna, burro di cacao, olio extravergine di oliva toscano

Come vede basta la lista degli ingredienti a smontare ogni parte del suo articolo.

Danielo Vestri

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