A parte i talk show, che più che un programma sono un genere, Eccezionale veramente è, se non andiamo errati, il primo “spettacolo” concepito per La7 da quando il canale ha cambiato proprietà. Ed è comunque la prima volta che, in ragione del 3,7% ottenuto lungo quasi tre ore di durata, appare un titolo che costruisce nuovi ascolti anziché amministrare la inevitabile discesa di quelli del boom Mentana-Santoro. La posta messa in gioco è dunque strategica per una La7 che punti ad aprire una stagione nuova e meno “monodimensionale” (politica, solo politica, sempre politica) nel rapporto fra canale e pubblico. L’idea, se ben capiamo, è consistita nel puntare essenzialmente alla “congruità” del prodotto sia rispetto alla azienda La7 sia riguardo all’audience che solitamente le presta attenzione. La soluzione è stata cercata nell’inserimento della sfilata dei numeri comici entro lo schema narrativo del talent, dove concorrenti sconosciuti sono giudicati dalla giuria dei competenti (ci aveva già provato tempo fa la stessa rete con il Boss dei comici, ma la fretta aveva fatto i gattini ciechi).

La giuria esercita il richiamo dei volti noti, giudica le performance dei concorrenti, fornisce al pubblico sprazzi di illuminazione sugli strumenti, le regole e la personalità del far ridere; i concorrenti fanno ridere, a volte perché bravi, più spesso per l’effetto Corrida. Così La7, e qui veniamo alla congruità del prodotto rispetto all’azienda che ne sostiene il costo, punta a disporre di una macchina, sì, di spettacolo, ma fatta però esclusivamente di gesti e parole. Sicché il tutto dovrebbe risultare di costo relativamente contenuto (non richiedendo orchestra, coreografie e trucchi scenici, che solo canali con risorse pubblicitarie e/o sovvenzioni pubbliche assai cospicue possono affrontare senza rimetterci). Guardando al pubblico, quel tipo di spettacolo, proprio perché si basa essenzialmente su mimica e testi, sembra del sapore giusto per la audience di La7 che, se segue quella rete piena di talk show, di certo non disprezza le parole, comunque e con qualsiasi pretesto ricucinate, e neppure i ritratti dei tipi umani, da dovunque tratti.

Sembra confermarlo, al di là della dimensione della platea, la sua stessa composizione, pressoché identica rispetto a DiMartedì e Crozza: stessa percentuale di femmine (meno) e maschi (di più, ma con uno specifico contributo di giovanissimi, che pensiamo dovuto al ventriloquo col pupazzo-zio. Un personaggio che in altri tempi sarebbe finito dritto dritto su Carosello); stessa prevalenza dei titoli d studio medio-alti. Stessa debolezza del Sud rispetto al Centro-Nord. Comune, infine, a tutti e tre i programmi, la distanza rispetto ai segmenti di pubblico che maggiormente seguono Grande Fratello, Isola dei Famosi e C’è posta per te. Ma il resto dell’audience se ne farà certamente una ragione.

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