A tre giorni dalle polemiche sull’indicazione pro-astensione della segreteria Pd, il premier Matteo Renzi torna sul referendum anti trivelle del 17 aprile e chiarisce la linea ufficiale del partito: “Che il Pd dia un’indicazione non significa che non ci sia la piena possibilità per chiunque, senza intervento della segreteria, di fare quel che crede”. “Il principio di far fallire un referendum” con l’astensione, ha poi rivendicato il presidente del Consiglio intervenendo al secondo congresso nazionale dei giovani Pd, “il partito padre del nostro lo ha già più volte espresso. Andate a vedere le dichiarazioni dei leader del Partito democratico della sinistra nel 2003 sul referendum sull’articolo 18. Non fatevi prendere in giro”.

Subito dopo Renzi è tornato ad attaccare il fronte dei no triv e a ribadire che la consultazione, dal suo punto di vista, è uno “spreco“. “Ciascuno, quando voterà sì o no, pensi se sia giusto che 10mila persone perdano il posto” e “lasciare lì petrolio che poi utilizzeranno altri, ad esempio i croati”, ha chiesto Renzi. “Non fatevi prendere in giro: quello del 17 aprile non è un referendum sulle nuove trivelle, che hanno già la linea più dura d’Europa. È un referendum, del tutto legittimo, per bloccare impianti che funzionano. Io lo considero uno spreco”.

E ancora: “Le Regioni che hanno fatto questo quesito sulle trivelle sono di centrosinistra e di centrodestra. E’ il quesito di Zaia e Toti“, ha detto il premier, senza citare il governatore pugliese del Pd Michele Emiliano. “Hanno chiesto che a un certo punto si dica basta. Per fare cosa? Non buttate 300 milioni per dare segnali. Pensate a quanti posti negli asili le regioni avrebbero potuto fare con quei soldi…”. Quanto alla decisione di non far svolgere la votazione nello stesso giorno delle amministrative, “si fa in un giorno diverso perché lo prevede la legge italiana, non perché lo abbiamo scelto noi. La legge prevede così perché il referendum ha bisogno di un quorum e si è scelto che la possibilità di non arrivare al quorum vada garantita”.

Nessun riferimento al fatto che la stessa vice segretaria del Pd Debora Serracchiani, fino a pochi anni fa, era strenuamente contraria alle trivellazioni in mare. In compenso, Renzi ha battuto sul tasto del contributo delle estrazioni al soddisfacimento del fabbisogno nazionale – “dall’unità d’Italia abbiamo estratto circa 200 milioni di tonnellate di petrolio e 767 miliardi di metri cubi di metano. Tutto questo non ci serve a essere indipendenti energeticamente ma ci aiuta ad avere una parte delle riserve” – e ha auspicato che sul quesito referendario ci sia “la massima informazione”. “Sapete qual è il quesito? Non ‘volete vivere in mondo meraviglioso con pale eoliche su cui noi siamo leader’ o ‘con il petrolio che vi esce dalle orecchie’, non è questo: il referendum è ‘volete che quando scadranno le concessioni vengano fermati i giacimenti in attività anche se lì c’è ancora gas e petrolio?”. Noi pensiamo che finché ce n’è in sicurezza si debba tirare fuori quel che c’è, poi si smonteranno le infrastrutture”.

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