Il senatore Denis Verdini è stato condannato a due anni, pena sospesa, per concorso in corruzione relativamente alla vicenda degli appalti per la ristrutturazione della Scuola dei Marescialli di Firenze. Lo hanno deciso i giudici della settima sezione penale del tribunale di Roma che hanno accolto la richiesta del pm Ilaria Calò. Verdini era presente in aula al momento della sentenza. Il reato, secondo quanto spiegano i suoi avvocati, si prescriverà entro l’estate. Si tratta di uno dei 5 processi che vedono imputato Verdini.

Il procedimento, in cui la posizione di Verdini è stata stralciata, è quello in cui sono stati già condannati in via definitiva Angelo Balducci, ex presidente del Consiglio Superiore per i lavori pubblici, Fabio De Santis, ex provveditore delle opere pubbliche della Toscana, l’imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli e il costruttore Riccardo Fusi, titolare dell’impresa edile Baldassini Tognozzi e Pontello e amico d’infanzia dell’ex coordinatore di Forza Italia. 

A Verdini era contestato di essersi adoperato con il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli affinché l’impresa del costruttore Fusi venisse rimessa nel possesso dei cantieri della Scuola dei marescialli e di aver caldeggiato sempre con Matteoli la nomina di Fabio De Santis a provveditore delle opere pubbliche della Toscana. Fusi, ha detto durante la requisitoria il pm Calò, “voleva ad ogni costo aggiudicarsi l’appalto della Scuola marescialli di Firenze, con mezzi leciti o illeciti”. Per questo, secondo la Procura, chiese a Verdini di intercedere per la nomina a provveditore di De Santis, che lo avrebbe aiutato a raggiungere l’obiettivo cioè la restituzione alla sua impresa del cantiere per la costruzione della Scuola dei Marescialli”. “Fusi – ha continuato il sostituto procuratore – aveva capito che a Roma esisteva un sistema corruttivo, messo in piedi da Angelo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, e dal suo braccio destro Fabio De Santis”.

Gli avvocati difensori di Verdini, Franco Coppi e Marco Rocchi, hanno invece sostenuto in aula che “non c’è nessun elemento per sostenere che Denis Verdini fosse consapevolmente inserito in un progetto criminoso per questo deve essere assolto perché il fatto non sussiste”. Per Coppi e Rocchi “non ci sono elementi neppure per dire che Verdini fosse stato informato da Fusi del suo intento illecito”. Per i due difensori Verdini “non ha offerto alcun contributo causale alla realizzazione del presunto accordo corruttivo – hanno detto durante l’arringa – La realtà è che al di là della segnalazione del nome di Fusi al ministro Matteoli, Verdini si è assolutamente disinteressato della vicenda, limitandosi solo a comunicare a Fusi dell’avvenuta nomina”.

La sentenza riaccende la polemica sull’appoggio di Verdini – già coordinatore di Forza Italia negli anni d’oro di Berlusconi – e del suo gruppo al governo Renzi. La minoranza del Pd attacca sottolineando i rischi di questo “asse preferenziale”. L’M5s rimarca che “da oggi Renzi governa con il sostegno di un condannato per corruzione”. La condanna di Verdini, dice il senatore della minoranza dem Federico Fornaro “dimostra che in questi mesi non abbiamo strumentalmente evocato fantasmi, ma giustamente evidenziato i rischi connessi a questo asse preferenziale. Una maggiore prudenza nei rapporti politici con Verdini sarebbe stata certamente apprezzata dal nostro elettorato e dai nostri militanti”.

Il M5S sottolinea il sostegno al Governo di “un condannato per corruzione” e anche Sinistra italiana, ricordando l’attuale condizione di Verdini, chiede a Renzi di chiarire “se vuole continuare ad andare avanti” con i suoi voti. Replica Ernesto Carbone, della segreteria del Pd: “Non è vero che Renzi governa con un pregiudicato, sia Berlusconi che Grillo sono all’opposizione”, alludendo alle condanne definitive, ripettivamente per frode fiscale e omicidio colposo, dei leader di Fi e M5s.

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