Negli ultimi dodici anni ha condotto le più importanti indagini sulla corruzione a Verona. Quella su Vito Giacino, l’ex vicesindaco di Flavio Tosi condannato nel dicembre 2014 per le tangenti nell’edilizia, è stata la sua ultima inchiesta. Da allora il sostituto commissario Margherita Taufer, ex responsabile della polizia giudiziaria della Procura di Verona, sbriga pratiche amministrative in un ufficio della Polaria, dov’è stata trasferita d’ufficio dal questore. Tutto è cominciato in occasione delle indagini sul vicesindaco di Forza Italia Giacino e la moglie Alessandra Lodi, delegate dal pm veronese Beatrice Zanotti. “Dopo la perquisizione a casa di Giacino nell’ottobre 2013 – ha ricostruito la funzionaria nel corso di un’udienza l’8 marzo scorso, riportata da Fabiana Marcolini su L’Arena – il questore asserì che segnavo straordinari quando ero in ferie e mi fece la deplorazione”. È il primo di una lunga serie di procedimenti disciplinari nei confronti dell’investigatrice, poi annullati dal Tar (un ricorso è ancora pendente). Secondo la sentenza dei giudici amministrativi, la poliziotta era effettivamente al lavoro “dalle ore 5 o 6 del mattino fino alle 7 di sera” e, in ogni caso, il suo impiego in Procura non poteva “essere oggetto di valutazioni o di rilievo da parte del questore”.

Il problema, forse, erano proprio le “troppe indagini”. Durante la testimonianza resa in aula all’avvocato dell’imprenditore Alessandro Leardini, il grande accusatore di Giacino, Taufer ha spiegato che l’ex questore di Verona Danilo Gagliardi l’avrebbe definita “un ingranaggio impazzito per le troppe indagini” a cui si dedicava. Oltre a quell’inchiesta su Giacino, che toccava da vicino l’amministrazione Tosi, il sostituto commissario negli anni aveva gestito indagini delicate e portato alla sbarra diversi colleghi, come i poliziotti accusati di aver ridotto in fin di vita nel 2005 a Verona il tifoso del Brescia Paolo Scaroni. E ufficiali anche di alto grado indagati per reati di corruzione e di truffa. Nel chiedere il suo trasferimento alla polizia di frontiera, il questore Gagliardi fa riferimento proprio alle tensioni presenti con i colleghi per via dell’“atteggiamento sprezzante estrinsecatosi, in particolare, nello svolgimento delle attività delegate nei confronti dei dipendenti e di alcuni uffici di questa Questura”. Un provvedimento annullato dal Tar, il 14 marzo scorso, per le “macroscopiche carenze e illogicità”, ma a partire dal quale si può provare a leggere l’entità dello scontro provocato in città dall’inchiesta sull’ex vicesindaco di Tosi.

Insieme alla lettera di trasferimento della Taufer, il questore Gagliardi allega tredici articoli di giornale relativi al duro scontro sulle intercettazioni tra i pm e gli avvocati veronesi durante l’inchiesta su Giacino nel giugno 2014. Dopo aver chiesto una copia dei “brogliacci” delle intercettazioni (gli appunti di servizio degli investigatori) sull’ex vicesindaco e la moglie, i difensori del politico e la camera penale veronese avevano iniziato una clamorosa protesta che ha portato all’astensione prolungata dalle udienze. Dai brogliacci erano emersi dei colloqui intercettati tra difensori e indagati, e alcuni epiteti poco lusinghieri usati dagli agenti per indicare le persone sottoposte ad ascolto telefonico. Quella vicenda riportata dalla stampa locale, scrive in una lettera al Viminale il questore Gagliardi il 25 luglio 2014, “ha destato un enorme scalpore” a Verona comportando “un rilevante danno per l’immagine” della polizia. Secondo la commissione di disciplina della Corte d’Appello di Venezia, che nel gennaio 2015 ha assolto i poliziotti, i comportamenti degli investigatori coordinati dal sostituto commissario Taufer non erano illeciti. Ma in quei giorni la stampa dà grande risalto alla storia e il procuratore capo di Verona, Mario Giulio Schinaia, il 26 giugno 2014 decide di rimuovere Taufer dall’incarico di responsabile della polizia giudiziaria.

La poliziotta lo verrà a sapere dai giornali. La sua rimozione dagli uffici investigativi della Procura crea uno scontro senza precedenti tra il procuratore Schinaia e i suoi sostituti, che il giorno seguente firmano all’unanimità una lettera di “non condivisione” con il capo dell’ufficio: il trasferimento dell’investigatrice – scrivono i pm di Verona – “andrà a rendere monca l’attività degli inquirenti in materia di reati contro la pubblica amministrazione”. Ricordando quei mesi concitati, nel corso della sua testimonianza in aula al processo Leardini, Taufer non riesce a dimenticare il giorno dell’arresto del vice di Tosi, il 17 febbraio 2014: “Il questore Gagliardi scese alla squadra mobile e non mi guardò nemmeno in faccia. Poi seppi che era venuto per salutare Giacino”. E racconta di essere stata “oggetto di una campagna di stampa organizzata” di cui si sarebbe convinta a partire da un’intercettazione emersa nei mesi successivi al suo trasferimento. Nella telefonata, il cui contenuto è stato riportato in aula, una giornalista avrebbe spiegato a un indagato di aver fatto il “lavoro sporco” contro l’ufficiale di pg che non doveva più lavorare in Procura.

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