Essere considerato il più grande giocatore di scacchi di tutti i tempi non è bastato a Garry Kasparov. Fin da giovanissimo, quel ragazzo nato nel 1963 a Baku, capitale dell’ex Repubblica Sovietica dell’Azerbaijan, da padre ebreo e madre armena, avrebbe potuto sfruttare il suo enorme talento per godere gli agi della vita di un campione. Invece cominciò presto a scalpitare, al punto che, poco più che ventenne, gli venne negata la possibilità di disputare un importante incontro negli Stati Uniti per paura che disertasse.

Oggi Kasparov non gioca più (si è ritirato ufficialmente nel 2005), ma non ha smesso di scalpitare. Anzi, il fuoco della passione politica che lo indusse nei primi anni Novanta a partecipare alla fondazione del Partito Democratico di Russia, a sostenere nel 1996 la candidatura alla presidenza di Boris Eltsin, a scendere in piazza contro Vladimir Putin, a finire in carcere a più riprese, a guidare una sua lista nelle farsesche elezioni presidenziali del 2008, brucia ancora più che mai.

garry kasparov

Lo testimonia L’inverno sta arrivando (Fandango), il suo saggio su Putin e la Russia post Unione Sovietica, in libreria da oggi. Quasi quattrocento pagine per demolire l’ex colonnello del Kgb al potere a Mosca dal 1999 e ammonire duramente le potenze occidentali che ne sottovalutano la pericolosità. “Negli ultimi vent’anni la linea del compromesso, e dunque dell’inerzia di fronte ai crimini delle dittature – specie se sono importanti partner commerciali – si è talmente consolidata che nemmeno l’invasione di una nazione sovrana europea è riuscita a metterla in discussione” scrive Kasparov ricordando come, dall’ascesa di Putin a oggi, tutti i capi di Stato occidentali e gli strateghi politici di mezzo mondo abbiano chiuso entrambi gli occhi sulle violazioni dei più elementari diritti in Russia, dalla corruzione ai brogli elettorali agli omicidi politici, in nome di un’ottusa realpolitik. “Evitare che scoppi una nuova Guerra Fredda può sembrare un fine lodevole, ma ci siamo mai chiesti se per caso non la stiamo già vivendo di fatto? Che dire, ad esempio, della guerra, dell’invasione e dell’annessione di un territorio europeo che sono già in atto in Ucraina? (…) Ignorare un cancro e litigare con i medici che lo hanno diagnosticato non salverà il paziente, anche se la terapia fa paura. Non è dato sapere cosa accadrebbe se le nazioni del mondo libero, guidate dagli Stati Uniti e dalla Nato, dovessero contrastare Putin in Ucraina (o anche se dovessero decidere di eliminare l’Isis una volta per tutte). Quel che sappiamo con certezza è che questo genere d’intervento prima o poi si dovrà fare e che quanto più tempo passerà tanto più elevato sarà il costo in termini di risorse, sacrifici e vite umane”.

Ma sono altre le armi – della politica, della diplomazia, dell’economia – che secondo Kasparov andrebbero al più presto e con fermezza impugnate dalle democrazie occidentali per fermare quella che l’autore non esita a definire una feroce dittatura. Solo isolando internazionalmente Putin sarebbe infatti possibile erodere quella popolarità che, unita al pugno di ferro e all’assenza di un forte movimento di opposizione interno, gli permette di mantenere il consenso nel Paese. Mentre proprio in queste ore la Russia decide di ritirare le sue truppe dalla Siria e la comunità internazionale, presidente degli Stati Uniti Obama in testa, s’interroga sul significato di questa mossa a sorpresa, l’enigma Putin è lungi dall’essere risolto. La lettura di questo libro, smaccatamente di parte ma ricchissimo di storie, dati, notizie, riflessioni, può aiutare a chiarire, almeno un po’, le idee.

Articolo Precedente

Elena Ferrante, il grande bluff. La sua identità non è affar nostro

next
Articolo Successivo

Sud: contro il declino programmato, la questione meridionale sale in cattedra

next