Jerry Lewis compie 90 anni, il “Picchiatello” di Hollywood, nato nel New Jersey il 16 marzo 1926 scrive un altro paragrafo nella sua lunga vita da attore comico. Una carriera lunghissima quella di Joseph Levitch, in arte Jerry Lewis, che molti ricorderanno oggi per le smorfie, le gag, le situazioni estreme.

Su tutte metterei la scena della macchina da scrivere, nel film Dove vai sono guai (Who’s Minding the Store?) del 1963. Accompagnato da un sottofondo musicale incalzante, Lewis sistema il foglio, batte sui tasti, manda indietro il rullo della macchina da scrivere, e riparte strabuzzando gli occhi. L’effetto esilarante garantito anche dalla mimica facciale, rese Lewis sinonimo di comicità a tutto tondo e per questo, raccontarla adesso, sarebbe un’impresa proibitiva. Provo a farlo a modo mio, trovando i momenti in cui, la comicità di Lewis ha abbracciato lo sport. Per un attore che ha attraversato oltre mezzo secolo di storia americana, caratterizzandola a suo modo, non è stato difficile trovare incursioni sportive.

Siamo nel 1951, quando, in Quel fenomeno di mio figlio (That’s my boy) Lewis è un ragazzo del college ossessionato dal padre, Jack “il corsaro” ex gloria del football che lo vorrebbe sportivo come lui. Il film alterna scene di gioco, rapporto padre-figlio e una storia d’amore che vede prevalere la storica spalla cinematografica di Lewis, Dean Martin (Dino Crocetti). Nel film quel giovane imbranato arriverà al touchdown per la gioia del padre che, finalmente fiero, abbraccia il figlio gridando “That’s my boy!”.

L’anno successivo, in Attente ai marinai (Sailors beware), la boxe fa la sua comparsa sul set del quinto film della coppia Lewis-Martin. Interpretano Al e Melvin che, entrati in Marina, vivono una disavventura fatta di scommesse e conquiste d’amore. Una delle “prove” sarà un incontro di boxe in cui Lewis sfodera tutta la sua comicità fisica (all’angolo dello sfidante compare un giovane James Dean).

Pur non essendo realmente un atleta, Jerry Lewis non si risparmiava mai sul set lanciandosi senza controfigura in cadute, piroette, anche nelle scene più spericolate. Questa sua voglia di rischiare gli costò la rottura di una vertebra nei primi anni sessanta che limitarono la sua mobilità e la sua salute in generale. La “Boxe”, non a caso con la B maiuscola, la incontra durante il Jerry Lewis Show trasmesso dalla ABC nel 1963. L’intervistato di turno era Cassius Clay (non aveva ancora cambiato il suo nome in Muhammad Alì). Tra il serio e il faceto Lewis faceva domande al già campione olimpico di Roma ’60 nei mediomassimi e prossimo pretendente al trono dei massimi di Sonny Liston. Lewis sferra anche un pugnetto sulla spalla di Clay che lo invita a “stare in guardia”. Sorrisetti del pubblico a parte, lo Show non riscosse grande successo in termini di ascolto, infatti, fu sospeso per l’omicidio Kennedy avvenuto il 22 novembre del 1963 e chiuso definitivamente a dicembre.

Il cinema era la vera arte di Lewis che, ancora con Dean Martin, nel 1953, diede vita a una simpatica inversione di ruoli in Occhio alla palla (The Caddy). Lewis interpreta un bravo giocatore di golf che soffre di attacchi di panico in pubblico. Per questo incarica Joe, fratello della sua fidanzata, di giocare al posto suo promettendogli di stargli vicino come caddy. Tutto fila liscio finché Joe dovrà vincere una partita per ricevere una somma di denaro ma non ci riuscirà per colpa della famiglia che entra in campo creando disordini. Il finale è quasi la celebrazione del loro sodalizio artistico. I due, fuggiti dal campo di golf, diventano attori e mentre il personaggio di Lewis vince anche gli attacchi di panico per salire sul palcoscenico, Dean Martin intona per la prima volta un successo planetario dal sapore molto italiano: That’s Amore! “L’amore” professionale tra i due attori, per questioni di visibilità, finirà nell’estate del 1956 dopo sedici film.

“Ci deve volere molta pazienza per spingere fin lassù quegli affari” con questa frase, spazientisce il body builder che solleva un bilanciere molto carico in palestra. La scena compare in Le folli notti del dottor Jerryll (The Nutty professor) del 1963 ed è una sintesi dei tempi comici che Lewis prediligeva: l’approccio, la battuta e la situazione inverosimile con le braccia che cadono fino a terra per il peso.

Il concentrato comico-sportivo sul neo 90enne attore, ci ha fatto attraversare quasi settant’anni di storia americana, perché non si diventa il surreale Jerry Lewis senza aderire a un contesto reale, quello di un’America che usciva dalla seconda guerra mondiale, che non smise di esportare guerra, ma che iniziava concretamente a vivere il suo sogno economico. Le risate che regalava erano evasione e leggerezza allo stato puro per gli americani. Risero un po’ meno gli australiani che, nel 2008, ascoltarono in tv una battutaccia sul cricket, definito “uno sport per froci” dall’allora ultraottantenne Lewis, non nuovo ad attacchi omofobi o razzisti. Eh no, questa non faceva ridere affatto, caro Picchiatello. Auguri!

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