Una giornata d’ordinaria follia, quella di Matteo Renzi in Calabria. Nostalgia, a un giorno di distanza, per l’anniversario della morte di Charles Bukowski, padre del realismo sporco? Era atteso, Matteo Renzi, sulla Salerno-Reggio Calabria, caparbiamente voluta da Giacomo Mancini, ex ministro dei Lavori pubblici. La ragione? L’abbattimento della galleria Mormanno nord. Già, perché dopo aver suscitato l’ilarità della stampa estera (e non solo) per le dichiarazioni futuribili sulla consegna prenatalizia della Sa-Rc, c’è da farsi vedere, soprattutto in Calabria, dove ci sarà da ridere perché dei lavori nel lotto Cosenza-Altilia-Grimaldi non c’è traccia.

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Difficile dire quando si completerà quel tratto di autostrada simil mulattiera in cui il pericolo è all’ordine del giorno. Stesso discorso per il tratto Pizzo-Sant’Onofrio, al servizio della turistica Tropea, ad un passo dal porto di Gioia Tauro. Frattanto, siccome il Pd è democratico, lavoratori in protesta per mancati pagamenti di stipendi alla Provincia di Vibo Valentia, in viaggio su un pullman, armati di panini e striscioni, vengono bloccati in autostrada, rei la volontà di manifestare pacificamente il loro disagio. Già, perché in Calabria non puoi manifestare neanche il dissenso e se ci provi la protesta viene narcotizzata.

E se Carlo Levi ci ha insegnato che Cristo s’è fermato a Eboli qui invece il pullman s’è fermato a Tarsia, per ironia della sorte a due passi dal campo d’internamento di Ferramonti, dove i lavoratori, ignari, come pacchi postali, vengono deviati in direzione Cosenza, seconda tappa del tour renziano. Qui una delegazione di 3 sarà ammessa a colloquio, non del premier però, di Delrio e Lotti. Era così difficile incontrarli e ascoltarli?

A Cosenza, dove il dissenso è di casa, l’aspettano gli attivisti del PrendoCasa. Parapiglia con le forze dell’ordine in assetto antisommossa al suono dello slogan “Chiediamo i diritti, ci danno polizia!” e divieto d’accesso nella parte antica della città. Siamo alla censura libera e una figura da gran teatrino. Nella città dei Bruzi che fu di Telesio, nel cui dna è incisa la cifra dell’eresia, una città blindata da zona rossa fin dal primo mattino, il premier arriva perché c’è da inaugurare il primo Distretto Cyber Security di Poste italiane. A Cosenza viene a promettere l’avvento tecnologico, difficile da credersi in una regione martoriata in fatto d’infrastrutture immateriali. Ad accoglierlo non c’è folla né curiosi dietro le transenne, solo una cerchia di parte (ma è venuto come premier o come segretario di partito?) e assenze che fanno la differenza: mancava perfino il cosentino sottosegretario Gentile. Gente seria, verrebbe da dire.

Arriva, Renzi, in un momento particolare nella storia cittadina. Doveva venire a settembre, ma troppi impegni istituzionali e inaugurazione saltata. Arriva solo ora a tagliare il nastro d’un progetto sostenuto dall’amministrazione di Mario Occhiuto, il sindaco che il suo Pd ha fatto cadere. Occhiuto all’inaugurazione non c’è. In compenso nell’edificio blindato c’è spazio per il candidato renziano. Questione di stile o carenza di grammatica politica? Arriva, Renzi, in piena aria di campagna elettorale.

Cosenza è una delle pochissime città italiane dove non si sono tenute le primarie perché qui si deve candidare il suo pupillo: Presta. Presta, chi? si chiedono in tanti perché sono davvero pochi a conoscerlo, dai quartieri al centro cittadino. È Lucio Presta, il manager dei vip(?), quello stesso Presta che organizza pranzi a cinque stelle (non pentastellati ma da Four seasons) tra Renzi e il Briatore del Billionaire. Ora, anche i bambini sanno, a Cosenza, che le Primarie non si son fatte perché l’avrebbe vinte Enzo Paolini, avvocato radicale di tradizione riformista, a cui qualche promessa pure era stata fatta dall’establishment democratico. Solo che Paolini ora si candida lo stesso. Come del resto potrebbe succedere a Napoli con Bassolino.

Interessante partita elettorale primaveril/estiva tra la Campania e la Calabria. Che è tempo di far capire a Roma, dove anche Marino è in campo, che di proclami e imposizioni non ne può più nessuno, soprattutto a Sud.

“L’A3 – ha detto Renzi a Mormanno – è simbolo di quello che non va”. Sarà, ma in realtà in Calabria, a Cosenza, di cose che non vanno ce ne sarebbero tante: dal diritto alla salute pubblica a quello alla libertà di pensiero, che è precondizione del vivere civile. Democratico. Parola davvero strana per taluni, la democrazia.

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