Ha dovuto vedersela con la Perdonanza celestiniana. L’evento storico-religioso, ispirato all’indulgenza plenaria concessa da Papa Celestino V nel 1294, che si celebra ogni anno a L’Aquila. Ma alla fine, a spuntarla, è stata ancora una volta l’arte dei pizzaioli napoletani. Che sarà candidata dall’Italia, dopo il tentativo fallito dell’anno scorso, anche per il 2017 a rincorrere un posto nella Lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità istituita dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco).

PRIMO PASSO – Il 4 marzo è arrivato il via libera all’unanimità della commissione nazionale. Un traguardo tagliato grazie al pressing incrociato del ministero delle Politiche agricole (dall’alto) e della petizione #Pizza Unesco (dal basso). Ma resta ancora da superare l’ultimo scoglio, quello più difficile. “Convincere i circa 200 Paesi membri dell’Unesco a votare per la pizza napoletana”, assicura Alfonso Pecoraro Scanio. Un obiettivo che il presidente della Fondazione UniVerde, deus ex machina della candidatura espressa dall’Italia, non intende lasciarsi sfuggire. “A Parigi, il 14 marzo, in occasione della manifestazione Francese sulla Pizza ‘Parizza’ consegneremo il primo milione di adesioni raccolte a sostegno della candidatura – spiega a ilfattoquotidiano.it l’ex ministro dell’Ambiente del governo Prodi –. Poi saremo alla sede mondiale dell’Unesco a presentare proprio l’arte dei Pizzaiuoli napoletani e, alla presenza dell’ambasciatrice italiana presso l’Organizzazione, Vincenza Lomonaco, inizieremo a sfornare e a distribuire pizze ai rappresentanti dei Paesi membri seguendo rigorosamente le tecniche di impasto e di manipolazione della tradizione partenopea”. Insomma, conquistare i giurati prendendoli per la gola. Dopo che, già a dicembre, in occasione della Conferenza sul clima, Pecoraro Scanio aveva servito, sempre nelle capitale francese, l’antipasto delle prime 600 mila firme già raccolte in Italia alla direttrice mondiale dell’Unesco Irina Bokova.

A TUTTA PIZZA – Ma a dare manforte ai promotori dell’iniziativa saranno soprattutto le centinaia di migliaia di adesioni raccolte sotto l’hashtag #PizzaUnesco. Tutto è iniziato con una petizione lanciata su Change.org da Pecoraro Scanio. Che ha raccolto circa 60 mila sottoscrizioni online. “Poi la campagna è diventata internazionale”, racconta l’ex leader dei Verdi. Ben 150 mila firme sono arrivate dall’Asia, tra Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Filippine e Cina, grazie al contributo del team di Salvatore Cuomo, ambasciatore e pioniere della pizza napoletana in estremo oriente. Altre 100 mila le ha raccolte la catena Rosso Pomodoro. Mentre 50 mila le hanno messe insieme rispettivamente l’Argentina, grazie all’aiuto del giudice di Masterchef dell’edizione del Paese sudamericano Donato De Santis, e la sola San Paolo del Brasile. “Ad oggi abbiamo superato le 900 mila adesioni e, per il 14 marzo, contiamo di superare il milione”, confessa Pecoraro Scanio. Entrato in azione quando aveva iniziato ad aleggiare la minaccia peggiore. Che dalla fiera mondiale della pizza di Las Vegas a battere sul tempo l’arte della tradizione napoletana potesse essere niente meno che la pizza New York Style. Un ‘pericolo’ scampato anche grazie al contributo, nella raccolta firme, delle associazioni dei pizzaioli napoletani, della Coldiretti, che ancora in questi giorni sta continuando a darsi da fare nei 1.000 mercati di “campagna amica”, dei 16 mila cuochi aderenti alla Federcuochi, della Cna e della Confesercenti, del Comune di Napoli e di Eccellenze Campane. Una mobilitazione lanciata da Pecoraro Scanio in occasione del pizzaVillage di Napoli e che ha coinvolto anche centinaia di personalità dello spettacolo, della cultura e delle istituzioni diventando la più numerosa azione di sostegno nella storia delle candidature Unesco. Tra gli ‘sponsor’ i governatori del Lazio e della Lombardia Nicola Zingaretti e Roberto Maroni, il segretario della Fiom, Maurizio Landini, il presidente della Lazio Claudio Lotito e artisti del calibro di Gabriele Muccino, Mario Martone, Al Bano, Ficarra e Picone. Ma anche, oltre confine, il musicista e politico brasiliano Gilberto Gil, Kelly Lang (la Brooke della soap Beautiful) ed Amy Stewart.

MADE IN ITALY – Una battaglia nella quale il presidente di UniVerde, campano doc, non si è certo risparmiato, girando da un continente all’altro, per raccogliere sostenitori e adesioni. Arrivate persino dall’Arabia Saudita e dalle nordiche Islanda e Danimarca. Intanto, la campagna continua in tutto il mondo ed è possibile firmare la petizione su Change.org. “La considero una vera e propria battaglia per riappropriarci di fronte al mondo di una delle nostre più antiche e apprezzate tradizioni – conclude Pecoraro Scanio –. Nella speranza, come mi raccontò l’allora direttore dell’Ice quando nel 2000 ricoprivo la carica di ministro delle Politiche Agricole, di non doverci più sentir domandare da un americano: ‘How do you say pizza in italian?’ (come si dice pizza in italiano?)”. Incredibile. Ma, a quanto pare, anche vero.

Twitter: @Antonio_Pitoni

Articolo Precedente

Trivellazioni, in campo il fronte trasversale del “Sì” al referendum alla vigilia del verdetto della Consulta

next
Articolo Successivo

Primarie Pd, partito spaccato dopo il pasticcio di Napoli: minoranza all’attacco, ma per i renziani la vicenda è archiviata

next