Ancora uno sfregio per Lea Garofalo, la donna uccisa nel 2009 perché aveva deciso di collaborare con la giustizia, e il cui cadavere fu dato alle fiamme da Carlo Cosco – suo compagno e padre di sua figlia – un malavitoso che aspirava a farsi strada nella ‘ndrangheta e nello spaccio di coca delle notti milanesi. A sette anni di distanza, nella città d’origine della testimone di giustizia, Petilia Policastro, in Calabria, ignoti hanno vandalizzato il memoriale che nel 2014 era stato dedicato alla sua memoria. Sorella del boss di Petilia Floriano Garofalo, testimone di giustizia nei primi anni 2000 dopo aver assistito a un delitto di cui accusò il compagno Carlo a Milano, la 35enne rapita in centro a Milano e uccisa in un terreno alla periferia di Monza è infatti diventata un simbolo nel movimento antimafia: il suo volto comapre persino sulle bandiere di Libera e la sua storia è diventata una fiction trasmessa a gennaio da Raiuno. 

Il danneggiamento è stato scoperto la mattina dell’8 marzo dal sindaco del comune crotonese, Amedeo Nicolazzi, che aveva scelto la giornata simbolica per portare un mazzo di fiori sulla lapide della donna. Il primo cittadino, notando che era stato rubato un faretto e divelte delle pietre che componevano la semplice opera dedicato alla figura della testimone di giustizia, ha presentato denuncia.

“Sono addolorato – ha detto il sindaco – per quanto è accaduto. Questo è un gesto che non posso accettare. E proprio nel giorno della festa delle donne, è un gesto che deve far riflettere. Non riesco a trovare una spiegazione per un simile gesto. Forse gli autori hanno voluto dare una risposta all’Amministrazione Comunale che ha deciso di concedere alla Compagnia dei Carabinieri di Petilia Policastro il Premio Dionisio Sacco, uno dei principali riconoscimenti per coloro che si sono distinti nel nostro territorio”.

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