di Monica Rota * e Fabio Robecchi **

In questo momento storico di grandi (e sicuramente criticabili) riforme in materia di lavoro, il riferimento legislativo riguardante le cooperative continua a essere la L. n. 142/01 in tema di “Revisione della legislazione materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore”. La normativa si applica alle cooperative nelle quali il rapporto mutualistico, in base al regolamento interno, abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte dei soci e in questi casi la legge dispone che vengano instaurati due distinti rapporti giuridici, uno di tipo associativo e uno di tipo lavorativo.

Lavoro sbarrato

Nella realtà, lavoratori che affermano di non essere mai stati partecipi di alcuna “vita associativa” costituiscono pressoché la regola. Accade infatti che una volta versata la quota di partecipazione, i prestatori di lavoro acquisiscano il titolo di “socio” solo sulla carta, poiché poi di fatto non vengono messi nelle condizioni di esercitare i diritti che dovrebbero essere propri del loro status.

Inoltre, sempre nella realtà, spesso si verifica il tradimento degli elementi di mutualità e solidarietà che dovrebbero animare la cooperativa. E ovviamente i primi a farne le spese sono i lavoratori (c.d. soci lavoratori), i cui diritti vengono di fatto sacrificati sull’altare delle logiche di mercato, esclusivamente orientate alla competizione e al profitto. Si pensi, in proposito, a fenomeni quali le omissioni e/o irregolarità retributive e contributive, il mancato pagamento delle ore straordinarie, le irregolarità in materia di sicurezza sul lavoro, i cambi di appalto con passaggio del solo personale “gradito” (escludendo ad esempio lavoratrici assenti per maternità o lavoratori in malattia), l’inserimento di false voci retributive quali spese o trasferte mai effettuate (che implicano vantaggi fiscali per la cooperativa) e altre pratiche sconsiderate ma ben funzionali all’acquisizione di appalti al massimo ribasso. Di fronte ad un panorama così poco rassicurante, c’è dunque da chiedersi cosa può essere (e cosa viene) fatto a livello di contrattazione collettiva e individuale per tutelare i “soci” lavoratori.

Ebbene, sul piano contrattuale collettivo sarebbe auspicabile e opportuna l’estensione del metodo già adottato in alcuni settori particolarmente critici (quali logistica e cooperative di facchinaggio), ove le parti sociali hanno siglato “protocolli di intesa” volti ad arginare gli abusi, regolamentando il rapporto di lavoro negli appalti affidati a cooperative e stabilendo che ai lavoratori addetti vengano applicate le medesime garanzie, retribuzioni e tutele previste dai contratti collettivi di categoria.

Si veda in proposito l’Avviso comune per la legalità, regolarità e trasparenza del mercato del settore della movimentazione merci, logistica e facchinaggio, nel quale si esprime preoccupazione per i continui fenomeni di imbarbarimento e dumping nel mercato, nonché l’art. 42 del contratto nazionale logistica, trasporto merci e spedizione che espressamente afferma che “Le aziende interromperanno i rapporti con detti appaltatori garantendo l’occupazione ai lavoratori presso altre imprese appaltatrici che offrano garanzie di pieno rispetto dei diritti contrattuali e di legge dei lavoratori”. Si deve tuttavia sottolineare che queste buone intenzioni sono rimaste, praticamente, lettera morta: se le imprese le applicassero dovrebbero necessariamente aumentare il budget di appalto!

Sul piano del singolo rapporto di lavoro, invece, le tutele dovranno riguardare la sufficienza dei minimi retributivi (art. 3, l. 142/2001; art. 36, l. 300/1970). A quest’ultimo proposito, tra l’altro, va detto che il controllo sulla regolarità delle buste paga può essere affidato all’Organizzazione Sindacale di riferimento, mentre la verifica sulla posizione contributiva personale può essere monitorata dal diretto interessato attraverso il controllo dell’estratto conto contributivo Inps. E’ poi un problema costante quello delle cooperative insolventi che “scompaiono” dal mercato, rendendo arduo al lavoratore il recupero dei propri crediti.

Sul punto, la normativa di riferimento (art. 29 del D. Lgs. 276/2003), stabilisce una specifica garanzia per i crediti di lavoro: in caso di appalto di opere e servizi, l’impresa committente è infatti obbligata al pari dell’appaltatore (cooperativa o impresa di servizi), nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori – entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto – a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto.

Il nostro avvertimento è dunque quello di individuare sempre la “catena” committente – appaltatore e subappaltatore, per coinvolgerli nell’eventuale contenzioso finalizzato al recupero del credito. Anche con riferimento alla cessazione del rapporto, la tutela del socio lavoratore risulta estremamente complessa: la cooperativa può infatti porre fine al rapporto associativo attraverso una delibera assembleare di esclusione del socio e al rapporto di lavoro con un licenziamento; il lavoratore dovrà dunque impugnare, in caso di illegittimità, entrambi i provvedimenti espulsivi con una tempestiva azione giudiziaria da svolgersi, secondo parte della giurisprudenza, sia davanti al giudice civile (delibera di esclusione da socio) sia davanti al giudice del lavoro (impugnativa del licenziamento); ciò qualora si voglia ottenere il ripristino del rapporto.

Altra parte della giurisprudenza (Cass. 19975/2015) ritiene invece competente a giudicare su entrambi i provvedimenti il giudice del lavoro. Si comprende bene come un tal groviglio processuale ed interpretativo possa dissuadere dall’azione persone che – già in costanza di rapporto – spesso vedono lesi i propri diritti.

Concludendo, auspicando una riforma della materia anche su quest’ultimo aspetto, segnaliamo l’interessante iniziativa popolare in materia di contrasto alle false cooperative e i disegni di legge presentati in Parlamento.

* Avvocato giuslavorista, socia AGI (Associazione Giuslavoristi Italiani). Vivo e lavoro a Milano, collaboro con un sindacato autonomo del settore assicurativo e con i sindacati confederali. Ho collaborato con la Consigliera Provinciale di Parità e ora con la Consigliera Regionale di Parità.
* Avvocato con studio in Milano. Esercito la professione dal 2003, occupandomi principalmente di diritto del lavoro, previdenziale e sindacale.

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