L’Italia deve “migliorare l’efficienza della struttura fiscale, riducendo le distorsioni e gli incentivi ad evadere, riducendo gli elevati tassi nominali di imposizioni e abolendo diverse spese fiscali”. Non solo: la Penisola deve “ridurre la corruzione” e le “barriere della concorrenza“, “migliorare la fiducia” e mantenere in testa alle priorità le riforme per combattere la disoccupazione che “rimane molto alta, soprattutto per i giovani e per chi è senza lavoro da lungo tempo”. La ricetta arriva dall’Ocse, che nel rapporto Going for growth 2016, presentato al G20 di Shanghai, riconosce alcuni progressi fatti sul fronte del mercato del lavoro e apprezza il “programma di riforme ambizioso e di ampio respiro per stimolare la crescita, sfruttando le sinergie esistenti tra le diverse politiche pubbliche”. Ma sottolinea che non è sufficiente. Bisognerebbe, tra l’altro, creare una “Commissione per la produttività con il compito di fornire consigli al governo su questioni relative alla produttività, di promuovere la comprensione delle riforme da parte dei cittadini e di intraprendere un dialogo con le parti interessate”.

“Bene le riforme, ma non restino sulla carta” – Sul fronte occupazione, l’organizzazione parigina sollecita Roma a “portare avanti il riequilibrio della protezione dal posto di lavoro al reddito del lavoratore, riducendo il dualismo del mercato con assunzioni e licenziamenti più flessibili e procedure legali più prevedibili e meno costose”, e ad “accentuare le politiche attive del lavoro, in particolare concentrando le risorse sui disoccupati di lungo periodo”. L’organizzazione sottolinea poi come su questi fronti si siano già fatti alcuni passi avanti, con la creazione dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, un “nuovo contratto con procedure di interruzione meno costose e un sistema di tutele crescenti” affiancato da “sussidi di disoccupazione universali condizionati alla partecipazione a programmi”, e “rilevanti decreti mirati a migliorare l’efficienza dei tribunali civili nei casi di bancarotta”.

Positivo il giudizio sulle riforme, un piano “ambizioso e di ampio respiro per stimolare la crescita, sfruttando le sinergie esistenti tra le diverse politiche pubbliche” dopo “un lungo periodo di stagnazione che ha reso l’economia vulnerabile alla crisi finanziaria”. Tuttavia in passato “molti progetti validi di riforma non sono stati pienamente attuati, impedendo in tal modo all’economia di beneficiare interamente dei loro effetti. Il governo si sta quindi concentrando sui cambiamenti del quadro politico-istituzionale e del sistema giudiziario per rimuovere i precedenti ostacoli all’attuazione delle riforme”

Ora è necessario “riattribuire e definire chiaramente le competenze tra Stato e governi locali“, garantire una formulazione chiara e inequivocabile della legislazione, supportata da una pubblica amministrazione più efficace, riducendo anche il ricorso ai decreti di emergenza, snellire il sistema giudiziario, istituendo tribunali specializzati, ove necessario, incentivare il ricorso alla mediazione e migliorare il monitoraggio dei risultati dei tribunali.

“Rallentamento globale” – A livello globale l’Ocse sollecita “riforme strutturali, combinate con politiche di sostegno alla domanda”, per “aumentare in modo durevole la produttività e la creazione di posti di lavoro”. Il rallentamento del processo di riforma delle economie osservato nel 2013 e nel 2014 è proseguito nel 2015 ma il ritmo dell’attività riformatrice “continua a essere generalmente più alto nei paesi dell’Europa meridionale, in particolare l’Italia e la Spagna, che tra i paesi nordeuropei, che sono stati meno influenzati dalla crisi economica globale”. Al di fuori dell’Europa, i paesi in cui sono state scattate un numero relativamente alto di riforme sono il Giappone tra le economie avanzate, la Cina, l’India e il Messico, tra le economie emergenti. Fra le misure sollecitate anche politiche strutturali mirate a regolare gli investimenti nelle infrastrutture pubbliche.

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