Porterà a casa la legge sulle unioni civili mutilata secondo i desideri di Angelino Alfano, Matteo Renzi, ma dopo una battaglia parlamentare che sarà probabilmente ricordata come uno dei punti più bassi della recente storia parlamentare repubblicana.

Passerà (a meno di improbabili colpi di scena) infatti l’esame del Senato il cosiddetto ddl Cirinnà, ma a costo di grandi forzature e pagando con la fiducia un notevole prezzo al trasformismo dilagante tra Camera e Senato.

Le grandi forzature procedurali, come quella architettata con il cosiddetto “canguro” bocciato poi qui a Palazzo Madama anche dal presidente del Senato Pietro Grasso. Uno stratagemma messo in campo anche altre volte e che sembra tagliato su misura per stroncare ogni dibattito e umiliare la funzione del Parlamento.

Una funzione, va detto, che il presidente del Consiglio non sembra tenere in grande conto.

E questo trasformismo. Ecco, questo trasformismo scandaloso che ci consegna oggi una maggioranza parlamentare lontanissima da quella uscita dalle urne meno di tre anni fa. Una maggioranza che vede a bordo trionfante un personaggio come Denis Verdini eletto nel centrodestra berlusconiano e che oggi si presenta sui giornali addirittura come un padre della nuova repubblica renziana e che dall’ex sindaco di Firenze vuole sapere solo “quale governo dovrò sostenere”.

Quale governo, qualsiasi governo, pur di essere decisivo, sopravvivere e passare a riscuotere.

Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. Piangere, sì, anche per salutare il caro estinto: il giovane Partito democratico nato meno di dieci anni fa per modernizzare e rivoluzionare il nostro sistema politico con la sua vocazione maggioritaria e la sua aspirazione ad alleanze chiare e coerenti e che oggi riesce a far passare una legge solo (o anche) grazie ai voti di una compagnia di voltagabbana e trasformisti.

Senza grande scandalo, a quanto pare. Neanche di quello della minoranza dem che pure dovrebbe fare fuoco e fiamme per questo asfissiante e mortale (politicamente parlando, ovviamente) abbraccio con l’ex factotum di Silvio Berlusconi.

Il quale Verdini, come se non bastasse, parla ormai da azionista importante del nuovo partito democratico nazionale che Renzi sta edificando. Spiegando al premier che gli elettori dem ormai “sono più a destra di noi”.

Con tutte le conseguenze del caso e che dalle prossime settimane potremo sicuramente cominciare ad apprezzare.

Articolo Precedente

Da Berlusconi a Renzi, trionfo della partitocrazia e ritorno al passato: 6 partiti al governo, più della prima Repubblica

next
Articolo Successivo

Editoria tra fusioni, concentrazioni e commistioni: quel che resta in Italia della libera stampa

next