In principio furono Keith Haring e Basquiat, figliocci di Jean Dubuffet (padre dell’Art Brut), a irrompere con i loro graffiti nelle patinate gallerie della New York d’epoca warholiana e a stracciare quei preconcetti – sostenuti da ferventi proibizionisti che erano soliti ridurre l’arte di strada a mero atto vandalico – insediatisi nell’opinione pubblica. Un dibattito che tutt’oggi si trascina e che vede scontrarsi bacchettoni intransigenti a coloro che invece rivendicano la natura democratica di un atto comunicativo che affonda le proprie radici nella preistoria e che, ieri come oggi, si pone come mezzo per dare voce e visibilità a frange della società lasciate ai margini (questo l’intento originario di murale e graffiti cominciati ad apparire sul finire degli anni settanta nei ghetti statunitensi e con i quali le minoranze potevano gridare al mondo la propria rabbia e frustrazione).

Fortunatamente però, nel corso della sua storia, la street-art si è nutrita prevalentemente di casi che le hanno permesso di confutare la prima delle visioni appena citate. L’avanguardismo di Haring e Basquiat, l’impegno sociale del misterioso Banksy, quello politico di Shepard Fairey (noto anche come OBEY e che forse ricorderete per il manifesto pro Obama,“Hope”, alle presidenziali del 2008), la stencil-art del parigino Blek Le Rat (in mostra fino al 20 marzo presso la neo-inaugurata Wunderkammern di Milano) o ancora le installazioni multimediali di John Fekner – solo per citarne alcuni – hanno letteralmente abbattuto quelle barriere che relegavano la loro arte a fenomeno da combattere, reprimere ed inibire. E così, dopo aver superato senza non poche difficoltà convinzioni accademiche conservatrici ed essere scesa a compromessi con logiche di mercato all’antitesi della propria attitudine, la street-art è entrata, senza rinunciare al suo spirito ribelle, nelle sale dei musei dalla porta principale.

In questo duplice contrasto dentro-fuori / aperto-chiuso non trova difficoltà a inserirsi la produzione di MP5, ormai da anni considerabile punto di riferimento della scena underground europea e che lo scorso 20 febbraio ha inaugurato (accompagnata dalla presentazione del suo nuovo libro illustrato, Changes edito da Grrrz), presso la Wunderkammern Gallery di Roma, la sua prima personale italiana.

Facendo leva sul suo stile ormai divenuto riconoscibile tanto in Italia quanto all’estero – EmmePi grazie a numerose esposizioni, collaborazioni con riviste e interventi urbani ha esportato le proprie opere in Francia, Svizzera, Spagna, Germania, Croazia, Slovenia e Svezia – caratterizzato dal contrasto cromatico bianco e nero e da forme fluide che trovano il loro comune denominatore nell’impegno sociale e politico, l’arte di MP5 si conferma un ibrido in continua mutazione capace di variare e di adattarsi a formati e supporti differenti: poster, illustrazioni, murale, disegni e animazioni audio-video.

La stessa Of Changes, questo il nome della mostra che sarà accessibile al pubblico fino al prossimo 24 marzo, deve la propria origine all’esigenza dell’artista di darsi, e dare al proprio pubblico, risposte sulla crisi politica e culturale, nonché psicologica, che ormai da tempo affligge il mondo occidentale. Per farlo EmmePi si è dedicata, per oltre un anno, allo studio delle riflessioni lasciateci in eredità dallo psicanalista svizzero Carl Gustav Jung – secondo il quale la scienza occidentale si baserebbe sul concetto di causalità, e sulla convinzione che ogni cosa sia destinata a trovare una spiegazione e una causa in base a delle consolidate Leggi Naturali – messe in contrasto con la filosofia orientale (in particolare con il libro dei Mutamenti (I-Ching) “il massimo tentativo di ordinamento, di dare ordine a una linea casuale in Oriente”) ben più aperta ai concetti di casualità ed eccezione.

Caos e caso hanno quindi offerto alla street-artist napoletana lo spunto per la realizzazione di questo nuovo capitolo artistico – suddiviso in opere su legno, carta e installazioni audio-video (oltre a interventi murali nel quartiere di Torpignattara che ospita la galleria) – attraverso il quale provare ad addentrarsi in “una nuova lettura della realtà e tentare un’analisi dei suoi singoli componenti”.

Un progetto che non rappresenta certo un punto d’arrivo, bensì l’ulteriore tappa di un viaggio che promette di aver ancora molto da dire e raccontare. E che sia a cielo aperto o al chiuso di musei e gallerie poco cambia, MP5 con il talento e la sensibilità che le appartengono riesce sempre a centrare il proprio obiettivo: far riflettere emozionando.

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